Forse la situazione sta sfuggendo un tantinello di mano. Forse, anzi era già sfuggita , ma oggi sembra aver preso definitivamente la via del non ritorno. Dopo settimane di sermoni serviti nelle salse più varie sull’allarme patriarcato, la necessità di rieducare gli uomini devirilizzandoli e demascolinizzandoli, proprio ora che l’opinione pubblica stava finalmente virando su un tema serio come il Pandoro Balocco e la Ferragni, La Stampa di ieri ci ha regalato una perla, le imperdibili lezioni di vita e di parità di genere della Regina delle Acque, Federica Pellegrini, ormai prossima al suo primo parto. A firmare l’intervista a pagina è Giulia Zonca, il titolo è decisamente sobrio : «Federica Pellegrini: io mamma ai tempi dei femminicidi, non sarà facile uscirne, è un’epidemia”». Un’epidemia, termine che dopo il Covid ormai si usa per qualunque disgrazia o flagello. Fede, anche meno, dai. Comunque la prima domanda è quella che dà lo spessore al pezzo:
«Ha fatto tutto quel che voleva prima di diventare mamma?». Come dire, ci auguriamo che abbia fatto proprio tutto, perché si sa, ora è finita la pacchia e ci saranno solo prove durissime e privazioni. La Pellegrini però non fa una grinza e risponde: «Direi di sì. Ho imparato a sciare al pelo e dovrei essermi tolta sfizi da brividi per un po’, ho ancora tanti viaggi in programma e li metto in pausa». In pratica la questione della maternità viene risolta così, con qualche viaggetto qua e là, espletato questo sporco lavoro allora si può anche figliare. Ma il top si raggiunge quando si parla di femminicidi, tema imprescindibile da trattare con una futura mamma.
Crescerà una figlia femmina in questo Paese, lo stesso dove i femminicidi, nel 2023, hanno superato i 100
«La morte di Giulia Cecchettin ci ha segnato perché, quando abbiamo saputo che era sparita, speravamo fosse per un’altra ragione eppure, dentro di noi, già sapevamo. Siamo davanti a… un’epidemia, si può dire così?».
Si può. Come si ferma?
«Educando gli uomini. Cecchettin ha rotto gli argini, anche per le parole della sorella che ha dato il giusto peso a ogni dettaglio e fatto arrivare il concetto di patriarcato alle orecchie di chi non l’ha mai voluto prendere in considerazione come problema».
Quanto è un problema oggi?
«È stato la base delle famiglie fino alla generazione precedente alla mia e io ho 35 anni. Non si cancella il retaggio di secoli in un attimo. Ci sono persone fragili che davanti a una rivoluzione femminile destinata a portare alla parità non reggono».
È una scusa?
«No, è un movente, assurdo quanto si vuole, ma reale»
Solo che, Federica, non è affatto vero che il “patriarcato”, qualunque cosa significhi secondo te, “è stato alla base delle famiglie fino alla generazione precedente alla tua. I quarantenni di oggi sono i figli, della generazione del Sessantotto, nutrita a pane e libertinaggio. La generazione della rivoluzione dei costumi, che ha votato a favore del divorzio e dell’aborto, che con la contraccezione ha bruscamente interrotto il boom demografico del dopoguerra dal quale non siamo più tornati indietro.
I quarantenni di oggi erano giovani quando J Ax cantava “Ohi Maria ti amo” che non era ovviamente un inno alla Vergine. Hanno smesso di sposarsi in chiesa – i loro figli hanno smesso di sposarsi del tutto – e hanno aperto quella stagione fatta di ancor meno figli, di sessualità ancora più aperta e precoce, di rapporti ancora più fluidi e di desideri visti come diritti che è quella a cui appartiene anche il ventiduenne Filippo Turetta, ormai purtroppo diventato il simbolo di questa assurda lotta fra i sessi. Non ci serve l’ennesimo sermone sui maschi da rieducare, forse sarebbe più utile un bagno di realtà, per rendersi conto che l’unica epidemia è il dilagare dell’arte di ripetere a pappagallo gli stessi concetti mainstream nell’illusione di farli diventare veri. Tuffati, visto che lo sai fare bene. (Foto: Imagoeconomica)
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