Il presepe è una tradizione diffusa e consolidata tra i credenti cattolici di tutto il mondo ed è rappresentazione simbolica dell’evento che ha inaugurato la storia della nostra salvezza e aiuto concreto a contemplarla e immedesimarci nei suoi misteri. La sua storia ha un’origine e un autore precisi e proprio quest’anno ne festeggiamo la nascita, vecchia di ben 800 anni, ma sempre fresca e carica di significato come solo le cose di Dio, alla fine, sanno essere. È stato il Poverello di Assisi a metterlo in scena per la prima volta, il giorno di Natale del 1223 mentre si trovava a Greccio, piccolo paese nei pressi di Rieti, nell’Alto Lazio ai confini con l’attuale Umbria.
Era di ritorno dal suo viaggio in Terra Santa, dove aveva visto, coi propri occhi già indeboliti, i luoghi della nascita di Gesù. Ne era rimasto così colpito che una volta rientrato in Italia chiese a Papa Onorio III di poter uscire dal convento di Greccio per inscenare la rappresentazione della natività. Chiese l’aiuto di un uomo del luogo, come ricorda lo stesso Papa Francesco nella Lettera Apostolica “Admirabile signum” : Quindici giorni prima di Natale, Francesco chiamò un uomo del posto, di nome Giovanni, e lo pregò di aiutarlo nell’attuare un desiderio: «Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello».
Nella notte del 24 dicembre venne dunque allestito il primo presepe vivente della storia, grazie al Santo che fece dell’assimilazione a Cristo la propria vocazione più profonda. E così, la notte di Natale di quasi un millennio fa, arrivarono a Greccio molti frati e persone che vivevano nei dintorni, portando fiori e fiaccole per illuminare quella santa notte. Arrivato Francesco, trovò la greppia con il fieno, il bue e l’asinello. La gente accorsa manifestò una gioia indicibile, mai assaporata prima, davanti alla scena del Natale. Nella rappresentazione non erano presenti figuranti che ricoprissero il ruolo della Sacra Famiglia, ma si narra che Francesco, al culmine della gioia e della commozione, vide Gesù infante tendergli le manine dalla mangiatoia.
Tutto il presepe nel suo insieme è il mirabile segno, così come ogni elemento della sua costruzione, che commuove e diverte non solo i bambini ma anche i più grandi, porta un preciso significato. Le rovine che compongono parte del paesaggio e anche la grotta stessa sono segno della condizione umana, stanca, provata e invecchiata dal peccato: Gesù è la Novità assoluta e viene proprio lì, nel luogo più pericolante che sappiamo offrirGli senza finzioni o restyling di facciata.
La notte buia e stellata che rappresentiamo con sfondi dipinti e illuminiamo con file di piccole luci elettriche è segno non solo del fatto storico in sé, ma anche della condizione umana spesso circondata dal buio e in attesa non sempre così fiduciosa di nuova luce: pensiamo a quante volte la notte circonda la nostra vita. Ebbene, anche in quei momenti, Dio non ci lascia soli, ma si fa presente per rispondere alle domande decisive che riguardano il senso della nostra esistenza. Ai bambini e ai tanti artisti domestici che si prodigano per arricchire il presepio di solito piace dedicare attenzione e particolari ai dettagli naturalistici, montagne, ruscelli, alberi, laghetti e magari un bel manto di neve.
Non è solo amore per la decorazione, anche in questo caso il significato è semplice e profondo: tutto il Creato attende e gioisce della Nascita del Salvatore, tutte le creature, da quelle inanimate alle più alte intelligenze angeliche, attendono e gioiscono della Sua venuta. E sono proprio gli Angeli a dare ai più umili tra gli uomini del tempo la notizia delle notizie: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere» (Lc 2,15), dicono i pastori. Proprio loro, ritenuti indegni di tutto ciò che allora era importante, sono destinatari del messaggio decisivo per ogni uomo: Dio si è fatto uomo per te.
La ricchezza e la varietà di tutti i presepi, dai più umili ai più solenni, ci permettono di vedere in relazione a Cristo ogni uomo, di ogni condizione e provenienza. I primi sono i mendicanti, gli umili, ma non sono i soli. Da quando Dio è entrato nella storia incarnandosi nessuno è più davvero vittima di esclusione radicale perché è incluso in Dio, con tutta la sua umanità. Per questo è consolante vedere sia il pescatore o la lavandaia, sia il soldato romano, sia i sapienti e ricchi Re Magi. Si può partire da molto lontano per trovare il Redentore, ricorda sempre Papa Francesco: sono uomini ricchi, stranieri sapienti, assetati d’infinito, che partono per un lungo e pericoloso viaggio che li porta fino a Betlemme (cfr Mt 2,1-12). Davanti al Re Bambino li pervade una gioia grande. Non si lasciano scandalizzare dalla povertà dell’ambiente; non esitano a mettersi in ginocchio e ad adorarlo.
Il cuore del presepe sono loro, Maria, Giuseppe e il Bambino; Maria ha accolto l’Annuncio e ora che è Madre di Dio contempla il Figlio e lo offre alla visione di tutti. Giuseppe custodisce, protegge, porta in salvo e serve la Madre e il Figlio; lo farà anche educando il fanciullo e offrendosi come modello di uomo giusto, persino a Chi era già, nella sua natura divina, il Giusto per eccellenza. Nella sua bellezza semplice e potente il presepe può educarci ogni anno di più al metodo di Dio stesso e dispiegare la sua portata evangelizzatrice.
Come ha fatto San Francesco con la prima rappresentazione e come ci ricorda la Chiesa richiamando il grande compito di trasmissione della fede di cui tutti noi credenti siamo responsabili. Quest’anno si carica di ulteriore grazia perché, su richiesta della Famiglia Francescana e per concessione del Papa, chi prega davanti al presepe allestito in una delle tante chiese francescane presenti nel mondo, dall’8 dicembre 2023 al 2 febbraio 2024, potrà lucrare l’indulgenza plenaria, alle consuete condizioni. (Fonte foto: Pexels.com)
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