XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A
È interessante constatare come nelle letture di oggi si trovi un contrasto: nel Salmo abbiamo ripetuto più volte «beato chi teme il Signore», mentre invece nel Vangelo una certa paura blocca l’uomo con un solo talento. Qui occorre fare un po’ di chiarezza: se il rapporto con il Signore si basa sulla paura, sull’angoscia, su un’idea sbagliata di come Dio agisca, di quanto Dio sia tremendo, allora l’incertezza di cui parla San Paolo ci soffocherebbe, i talenti donatici da Dio, cioè i compiti delle nostre vite, non verrebbero svolti.
Ed è purtroppo questa l’idea che troppa gente ha di Dio, un’idea deformata. Dio è sì grande, ma il timore di cui bisogna parlare è il riconoscere quello che egli è, riconoscere Dio per come è, non confonderlo con le nostre idee. Pensate a uno dei sette doni dello spirito Santo: il Timor di Dio. Può un Dio che si è fatto carne per noi, morire per noi, edificare la Chiesa per noi, desiderare che lo si tema, che se ne abbia paura?
No, il timore di Dio è riconoscere Dio per quello che è, quello che è per le nostre vite, quello che ha fatto per la nostra esistenza. Allora non sarà gravoso svolgere e far fruttificare i talenti che lui ci ha dato, non farà paura l’aspettare il suo ritorno, anzi sarà gratificante, perché solo allora potremmo dare il giusto significato alle nostre azioni, a tutto quello che siamo. Ciò che da valore alla vita, il senso alla vita è solo Lui, per questo non dobbiamo temere il Suo ritorno.
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