Ayaan Hirsi Ali, somala, nata musulmana è la saggista e autrice del saggio Submission [Il titolo da cui è stato tratto un cortometraggio è una diretta traduzione del termine Islam. Il film parla delle donne maltrattate in famiglie musulmane: esso riporta la storia di una donna musulmana picchiata e violentata da un proprio parente. Sul suo corpo, il regista Theo Van Gogh fece scrivere alcuni versetti del Corano, per tutto ciò venne addirittura assassinato il 2 novembre 2004 ad Amsterdam da un esponente del Gruppo Hofstad, Mohammed Bouyeri]. Su Unherd.com, in un intervento uscito ieri, Ali racconta della sua conversione dall’islam al cristianesimo, passando per l’ateismo.
Incredibile ma vero, il primo passo verso la sua conversione, fu la scoperta, nel 2002, del testo di una conferenza del 1927 di Bertrand Russell intitolata “Perché non sono cristiano”: «L’anno prima avevo condannato pubblicamente gli attacchi terroristici dei 19 uomini che avevano dirottato gli aerei passeggeri e li avevano fatti schiantare contro le Torri Gemelle di New York. Lo avevano fatto in nome della mia religione, l’Islam. Allora ero musulmana, anche se non praticante. […] Il principio di fondo che giustificava gli attentati era, dopotutto, religioso: l’idea della Jihad o Guerra Santa contro gli infedeli. Era possibile per me, come per molti membri della comunità musulmana, semplicemente prendere le distanze da quell’azione e dai suoi orribili risultati?»
Per questo, racconta, come la lettura della conferenza di Russell, inizialmente le avesse dato conforto «ho scoperto che la mia dissonanza cognitiva si stava attenuando. È stato un sollievo adottare un atteggiamento di scetticismo nei confronti della dottrina religiosa, scartare la mia fede in Dio e dichiarare che tale entità non esisteva». Il Dio in cui Ali, per tradizione doveva credere, infatti, non era il Dio in cui si rispecchiava. Una religione, la sua, come sottolinea, tutta basata sulla paura, dell’inferno, in particolare: «L’affermazione di Russell secondo cui la religione si basa principalmente sulla paura, mi ha colpito. Avevo vissuto troppo a lungo nel terrore di tutte le raccapriccianti punizioni che mi aspettavano. Sebbene avessi abbandonato tutte le ragioni razionali per credere in Dio, quella paura irrazionale del fuoco dell’inferno persisteva ancora. La conclusione di Russell giunse quindi come una sorta di sollievo: “Quando morirò, marcirò”».
Ali racconta la sofferenza nel dover abbracciare una fede basata su una pratica religiosa soffocante: «Per capire perché sono diventata atea 20 anni fa, devi prima capire che tipo di musulmana ero stata. Ero un adolescente quando i Fratelli Musulmani penetrarono nella mia comunità a Nairobi, in Kenya, nel 1985. Non credo di aver nemmeno compreso la pratica religiosa prima dell’avvento dei Fratelli. Avevo sopportato i rituali delle abluzioni, delle preghiere e del digiuno come noiosi e inutili. I predicatori dei Fratelli Musulmani hanno cambiato questa situazione. Hanno elaborato una impostazione di vita ben precisa: lavorare per l’ammissione nel paradiso di Allah dopo la morte».
Racconta, poi, la totale negazione della vita più normale considerata “peccaminosa” in quanto tale: «Abbandonarsi ai piaceri del mondo, era meritarsi l’ira di Allah ed essere condannati a una vita eterna nel fuoco dell’inferno. Alcuni dei “piaceri mondani” che denigravano includevano leggere romanzi, ascoltare musica, ballare e andare al cinema – tutte cose che mi vergognavo di ammettere che adoravo. Su questa terra, nel frattempo, la più grande conquista possibile era morire come martire per amore di Allah».
Insomma, una prospettiva sempre più agghiacciante agli occhi di Ali, a cui si aggiungeva anche la rinuncia forzata alle amicizie con i non musulmani: «Ci è stato detto senza mezzi termini che non potevamo essere leali verso Allah e Maometto mantenendo allo stesso tempo amicizie e lealtà verso i non credenti. Se avessero rifiutato esplicitamente il nostro appello all’Islam, avremmo dovuto odiarli e maledirli». Racconta, poi, che un odio speciale era riservato agli ebrei: «Maledicevamo gli ebrei più volte al giorno […] L’Ebreo aveva tradito il nostro Profeta. Aveva occupato la Santa Moschea di Gerusalemme».
Ecco perché per Ali, l’ateismo era vissuto invece, come una liberazione, una sorta di fuga “a costo zero “da una vita di “fede” basata sull’odiare gli altri, offerta da Russell, in quel momento della sua vita. «La religione -sosteneva Russell- era radicata nella paura». La paura è la base di tutto: «paura del misterioso, paura della sconfitta, paura della morte». Questo portò Ali a pensare che se avesse abbracciato l’ateismo, avrebbe perso quella paura: «Ho anche trovato una cerchia di amici del tutto nuova, diversa da quella dei predicatori dei Fratelli Musulmani come si potrebbe immaginare. Più tempo passavo con loro – persone come Christopher Hitchens e Richard Dawkins – più sentivo di aver fatto la scelta giusta. Perché gli atei erano intelligenti. Sono stati anche molto divertenti».
Come mai allora il passaggio al cristianesimo? La scrittrice non ha dubbi: «Parte della risposta è globale. La civiltà occidentale è minacciata da tre forze diverse ma correlate: la rinascita dell’autoritarismo e dell’espansionismo delle grandi potenze nelle forme del Partito Comunista Cinese e della Russia di Vladimir Putin; l’ascesa dell’islamismo globale, che minaccia di mobilitare una vasta popolazione contro l’Occidente […] non possiamo combattere queste forze formidabili se non riusciamo a rispondere alla domanda: cos’è che ci unisce? La risposta che “Dio è morto!” sembra insufficiente. Lo stesso vale per il tentativo di trovare conforto nell’“ordine internazionale liberale basato su regole. L’unica risposta credibile, credo, sta nel nostro desiderio di sostenere l’eredità della tradizione giudaico-cristiana».
E infine, proprio l‘esperienza coi Fratelli Musulmani le ha insegnato l’importanza di offrire un’alternativa valida al vuoto valoriale imperante che rende impossibile contenere i conflitti: «La lezione che ho imparato dai miei anni con i Fratelli Musulmani è stata il potere di una storia unificante, incorporata nei testi fondamentali dell’Islam, per attrarre, coinvolgere e mobilitare le masse musulmane. A meno che non offriamo qualcosa di altrettanto significativo, temo che l’erosione della nostra civiltà continuerà. E fortunatamente, non c’è bisogno di cercare qualche miscela new age di farmaci e consapevolezza. Il cristianesimo ha tutto. Ecco perché non mi considero più un’ apostata musulmana, ma un’ atea decaduta. Naturalmente ho ancora molto da imparare sul cristianesimo. Ogni domenica scopro qualcosa in più in chiesa». (Fonte foto: (Screenshot, Hoover Institution, YouTube)
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