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Ecco come il nemico intralcia la preghiera
NEWS 6 Novembre 2023    di Paolo Prosperi

Ecco come il nemico intralcia la preghiera

Per gentile concessione dell’editore pubblichiamo uno stralcio del libro di Paolo Prosperi, «Il canto della vita. Sulla preghiera cristiana», Ed. Cantagalli, pag. 224, € 17,00

Quante volte, nell’immergerci in preghiera, capita l’opposto di quel che uno s’aspettava, di quel che uno sperava! Vorresti che il tuo cuore si elevasse in Dio, libero e leggero come un uccello dell’aria, e invece ti ritrovi a lottare coi mostri marini, cioè con tutto quel guazzabuglio di pensieri e pulsioni che paradossalmente diventano nitidamente visibili proprio quando, rientrando in te stesso, permetti allo Spirito del Signore di “zittire i venti” che di solito increspano le acque del tuo cuore, impedendoti di vedere ciò che nel profondo di te s’annida.

Diviene così chiaro chi siano i nemici in questo primo tipo di guerra interiore: in senso ultimo, lo sappiamo, il Nemico è colui che l’Apocalisse chiama Dragone (cfr. Ap 12,3ss.) e l’AT Leviatano12 (Sal 74,14): il Diavolo (Ap 12,9)13. Egli, però, non agisce di norma direttamente sulle anime (né lo può, a meno che Dio lo permetta). Come il Sauron di Tolkien, semina piuttosto il caos servendosi di ministri e servitori. Ecco allora i mostri marini al plurale, ossia quei demoni (brame e pensieri malati, oscure paure, etc.) che se ne stanno acquattati nel profondo e che proprio quando preghiamo sembrano come destarsi dal letargo, quasi si sentissero disturbati.

Si scatena così la battaglia: una battaglia per sostenere la quale è essenziale in primo luogo non scandalizzarsi che si dia, e in secondo non lasciarsi spaventare dall’orribile aspetto dei mostri che vediamo guizzar fuori all’improvviso. In questo consiste infatti la tattica dell’astuto Nemico: sbatterci in faccia, proprio quando ci raccogliamo in preghiera, le bestie che ci sono in noi (magari ingigantendole), per terrorizzarci e farci battere in ritirata: “quando mai mi è venuto in mente di fare un po’ di silenzio!”.

In realtà, se il Leviatano si prende la briga di intralciare la nostra preghiera è proprio perché ne conosce la straordinaria potenza. Di qui la necessità della lotta, della paziente perseveranza, quando ci troviamo improvvisamente davanti un “calamaro gigante” o un “pliosauro”, sbucato fuori da chissà dove. Occorre non perdersi d’animo ed insistere, certi da un lato che non c’è belva marina da cui lo Spirito del Signore non sia in grado di liberarci (Mc 9,29; Mt 17,21)15; dall’altro, che piovre e barracuda possono attaccarci solo nella (limitata!) misura in cui il Signore lo permette loro.

La domanda interessante diviene allora: perché il Signore lo permette? Perché, se Egli ti ama, sembra talvolta lasciare che questo o quel mostro continui a vessarti, anche dopo che Gli hai chiesto molte volte di schiacciargli la testa?

Evidenzio due possibili risposte.

La prima: perché anche dei mostri Egli sa servirsi per attirarci a sé. L’improvvisa apparizione d’una o più belve marine può scoraggiare ed abbattere; ma può anche ottenere l’effetto contrario e di fatto lo ottiene, se impariamo a trasformare il terrore e il disgusto che la loro vista ci incute nell’innesco d’un grido al Signore tanto più ardente, intenso, assetato del Suo soccorso. I mostri marini finiscono così per rendere loro malgrado (!) al Signore una lode persino maggiore degli uccelli dell’aria: che l’Altissimo ci attiri a sé con l’aiuto di eleganti ed alati volatili, quali la memoria e il desiderio di Lui, stupisce infatti fino ad un certo punto. Ciò che davvero stupisce – come stupirebbe vedere una gigantesca belva farsi docile come un agnello (cfr. Sal 67,31)16 – è il fatto che Egli sappia usare, per attrarci a Sé, anche dei mostri che il nemico ci sguinzaglia contro al fine opposto, e cioè per tenerci lontani da Lui […]

Ora, si è detto che l’agente principale della mirabile domatura delle belve è lo Spirito Santo – non certo l’autonoma forza di volontà dell’orante. D’altra parte, ciò non significa che chi prega non collabori attivamente all’impresa. Al contrario, noi sappiamo che lo Spirito Santo agisce in noi attraverso e in risposta al nostro gridare, al nostro supplicare. Il che vuol dire: la pace che tante volte si ottiene da una serrata batteria d’Ave Marie o di Salmi non è mai solo frutto dell’azione della Grazia, bensì anche del nostro darci dentro.

Possiamo così aggiungere un secondo motivo per cui la persistente esistenza dei mostri marini rende lode al Signore: a ben guardare, è proprio nel far di noi – deboli e piccoli hobbit che siamo – dei domatori di mostri di noi assai più grandi, che l’Onnipotente si dimostra davvero tale. Che c’è di prodigioso nel fatto che il Forte si dimostri forte? Ciò che è prodigioso è che egli sappia fare di me, che forte non sono, un semi-dio, un eroe capace di cavalcare i più indomabili mostri come fossero destrieri […]

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