Mentre la tensione legata al conflitto mediorientale esacerba gli animi anche in Occidente, ed episodi di antisemitismo si registrano a Parigi, Berlino, Varsavia e Milano. Mentre per prudenza le persone evitano di indossare la kippah. Mentre a Lione e a Berlino le sinagoghe sono vandalizzate e colpite da molotov. Mentre il clima da caccia all’ebreo risveglia un antisemitismo mai morto, per bocca di Kamala Harris l’amministrazione Biden annuncia «la prima strategia nazionale americana per contrastare l’islamofobia».
«SRADICARE L’ODIO» (POI L’INVIDIA E LA GOLA…)
L’annuncio, fatto dalla vicepresidente USA con un video dai toni solenni, ha suscitato reazioni varie, dall’indignazione all’amara e sottile ironia. Come quella adoperata da Douglas Murray, noto scrittore e polemista inglese. «Se non sei ebreo – ha scritto Murray sul New York Post – immagina per un momento di esserlo. E pensa al fatto che la tua gente ha appena subito il peggior omicidio di massa dai tempi dell’Olocausto […]. Immagina inoltre che invece di una grande ondata di simpatia e sostegno, città dopo città e campus dopo campus, il paese sia sul punto di rivoltarsi contro gli ebrei. Invece di dare loro il tempo di respirare e seppellire i morti, ovunque gente malata esce per strada per festeggiare apertamente le uccisioni». L’annuncio della vicepresidente di voler «sradicare l’odio» anti-islamico (ambizione pari solo a quella nostran-grillina di «abolire la povertà»), spinge Murray a usare un cinismo tutto British. «Kamala potrebbe non essere in grado di risolvere la crisi del confine meridionale», scrive nel suo editoriale, «ma ha intenzione di sradicare “l’odio”. Dopo il successo di questo sforzo, non vediamo l’ora che si sbarazzi di altri mali umani. Forse potrebbe passare all’“invidia” o alla “gola”? Chi lo sa?».
I DATI SHOCK DELL’FBI SULL’ODIO ANTIEBRAICO
Che siano gli ebrei ad aver bisogno di una strategia per contrastare l’odio riversato su di loro emerge in modo autoevidente non solo dalla cronaca delle ultime settimane (è di questi giorni la notizia che la Tunisia sta lavorando ad una legge che punirà fino all’ergastolo il cittadino che intrattiene rapporti di qualsiasi tipo con Israele), ma anche le nude cifre del direttore dell’FBI. In un’audizione sui crimini antisemiti tenutasi martedì scorso al Senato, il capo dell’intelligence americana Christopher Wray ha dichiarato testualmente: «La realtà è che la comunità ebraica è presa di mira in modo univoco da quasi tutte le organizzazioni terroristiche. E quando si guarda a un gruppo che costituisce circa il 2,4% della popolazione americana, dovrebbe essere sconcertante per tutti il fatto che quella stessa popolazione sia vittima per il 60% di tutti i crimini d’odio a base religiosa. È una comunità che ha bisogno del nostro aiuto perché è la minaccia sta raggiungendo livelli storici».
C’è qualcosa di straniante nel leggere sinotticamente l’inquietante dato fornito dall’FBI (gli ebrei, 2.4% della popolazione USA, oggetto del 60% di tutti i crimini d’odio di carattere religioso) e le parole di Kamala Harris. Quelle per cui «a seguito dell’attacco terroristico di Hamas in Israele e della crisi umanitaria a Gaza, abbiamo assistito a un aumento degli episodi anti-palestinesi, anti-arabi, antisemiti e islamofobici in tutta l’America» (anche ammesso che esista, l’islamofobia per Douglas Murray ha una spiegazione molto semplice: «l’espressione di disgusto provata da molti nei confronti del comportamento omicida dei musulmani radicali»).
«ISRAELE È IL COLPEVOLE IDEALE»
Difficile comprendere appieno l’origine dello strabismo morale adottato dall’amministrazione Biden. Discettando di quell’occidente che insegue slogan pro Hamas, il filosofo francese Pascal Bruckner ha recentemente parlato di Israele come “colpevole ideale”. «Per una parte dell’opinione pubblica», afferma Bruckner in un’intervista al settimanale Point ripresa dal Foglio,«poiché Israele è più forte, il criminale è necessariamente dal lato israeliano. È Davide contro Golia. Questo Stato brutale, metafora dell’occidente colonialista, è il colpevole ideale». E ancora: «Tutto ciò che si rimproverava alla Francia, alla Gran Bretagna e alla Germania, viene rimproverato oggi a Israele. Qualunque cosa accada, Israele è colpevole: gli si possono dunque imputare i crimini commessi dai suoi nemici». Per Pascal Bruckner l’aspetto più sorprendente è che quanto sta accadendo «non riguarda soltanto gli islamisti e i pro palestinesi fanatici, ma anche una parte della sinistra benpensante e progressista», tanto che «anche nel caso in cui si arrivasse a una soluzione a due stati, lo stato di Israele continuerebbe a essere accusato di tutti i mali della Terra».
L’AUT AUT DEGLI ELETTORI ISLAMICI
Dietro al Piano di contrasto all’islamofobia presentato dall’amministrazione USA c’è anche – e forse soprattutto – il timore di perdere elettori di fede musulmana. Lo scorso 30 ottobre, leader politici islamici hanno indirizzato una lettera-monito al presidente Biden e alla «leadership del Partito Democratico» minacciando di negare il sostegno dei loro elettori a «qualsiasi candidato che non avesse sostenuto un cessate il fuoco». Questo il tenore della lettera: «Ci impegniamo a mobilitare gli elettori musulmani, arabi e alleati affinché non votino per candidati che non sostengano il cessate il fuoco e non disapprovino l’offensiva israeliana contro il popolo palestinese. Mobiliteremo una maggiore affluenza alle urne per far sentire la nostra voce». In un’ottica vagamente ricattatoria ma particolarmente attenta agli scenari politici dei singoli Stati americani, la missiva dei leader islamici prosegue così: «Lo Stato del Michigan, nelle elezioni del 2020, è stato deciso con un margine di vittoria di appena il 2,6% e detiene 16 voti elettorali cruciali. Sottolineiamo l’importanza di Michigan, Ohio, Iowa, Florida, Arizona, Nevada, Georgia, New Jersey, Pennsylvania e Tennessee, dove risiedono molti dei nostri elettori». Appena due giorni dopo Kamala Harris scriveva questo tweet: «Affrontare l’odio è una priorità nazionale. Oggi, @POTUS e io annunciamo la prima strategia nazionale del paese per contrastare l’islamofobia. Questa azione è l’ultimo passo avanti nel nostro lavoro per combattere l’ondata di odio in America». Un tempismo perfetto (e molto sospetto).