Basta accendere un qualsiasi mezzo di comunicazione che la notizia del giorno sembra essere “la colpevolizzazione della vittima” riferita allo stupro a Palermo, evento che sta tingendo di nero le cronache di queste settimane. Ad averla perpetrata, secondo tutta la stampa mainstream, sarebbe stato il giornalista Andrea Giambruno durante il programma che conduce, Diario del giorno, in onda su Rete4. Ne riportiamo integralmente l’intervento: «Forse dovremmo essere più protettivi nel dialogo e nel lessico. Se vai a ballare, tu hai tutto il diritto di ubriacarti – non ci deve essere nessun tipo di fraintendimento e nessun tipo di inciampo – ma se eviti di ubriacarti e di perdere i sensi, magari eviti anche di incorrere in determinate problematiche perché poi il lupo lo trovi». Da qui a «Se non ti ubriachi il lupo lo eviti» o «Se non ti ubriachi non ti stuprano», per Fanpage o al Fatto Quotidiano il passo è stato breve.
Giambruno in un’intervista rilasciata al Corriere si è così allontanato da qualsiasi presunto tentativo di giustificare lo stupro, ribadendo la sua posizione. «Ho premesso che era un atto abominevole compiuto da bestie, poi, siccome l’avvocato Annamaria Bernardini de Pace e il direttore Pietro Senaldi parlavano di autotutela», ha riferito il giornalista, «mi sono permesso di dire ai giovani, a ragazzi e ragazze senza distinzioni di genere, di non uscire apposta per ubriacarsi e drogarsi, mi sono raccomandato di fare attenzione perché, purtroppo, il malintenzionato lo trovi. Non ho detto che gli uomini sono legittimati a stuprare le donne ubriache. Invece, certi politici vanno dietro a un titolo falso, chiedono la mia sospensione, ma per cosa? Per aver detto ai ragazzi non vi drogate?». Nella bufera social che ha sommerso di critiche il compagno della premier Meloni emerge poi la voce di Sgarbi che su Facebook dichiara: «Suggerire a una donna o a un uomo di non ubriacarsi non significa colpevolizzare il suo comportamento, ma richiamarlo a una condotta che lo sottragga a pericoli per la sua incolumità». In fin dei conti, «è quello che ogni genitore dovrebbe fare con il proprio figlio».
Il silenzio è quello che ha auspicato ora il giornalista per rispetto alla vittima dello stupro di Palermo che ha scritto di recente sui social: «Mi state portando alla morte». E allora silenziando i titoli che hanno fatto della vicenda una strumentalizzazione politica e ideologica e non concentrandoci troppo sul tono del giornalista che avrebbe forse richiesto maggiore cautela, continuando a ribadire che una vittima di uno stupro, che abbia scarpe col tacco o da ginnastica, che sia sobria o meno, rimane sempre tale, prendiamo gli studi alla mano. È ancora lecito chiedersi se chiamare “diritto” la voglia di ubriacarsi di ragazzi – di entrambi i sessi – appena maggiorenni sia moralmente giusto? È lecito cercare dei collegamenti tra abuso, sia da parte dell’autore che della vittima, di alcol e sostanze stupefacenti e violenza sessuale? Lecito interrogarsi sulle conseguenze?
Veniamo ai fatti. Secondo il report preparato da un network di college e università del Maryland, circa la metà delle aggressioni sessuali nei campus universitari fanno riferimento a una situazione in cui l’autore del reato, la vittima o entrambi stavano consumando alcol. Le aggressioni sessuali sono risultate più frequenti in contesti in cui è stato consumato alcol. I potenziali autori del reato spesso ricercano proprio questo tipo di contesti per approfittarsi di soggetti più vulnerabili. «L’alcol non è causa di violenza sessuale, ma potrebbe essere un rilevante fattore di rischio», testualmente dallo studio. Conclusione: ridurre il consumo di alcol tra studenti universitari è «una buona pratica per promuovere la sicurezza e la salute dello studente». Diventa chiaro che è fondamentale non abusare di alcol e sostanze per non incorrere in tutta una serie di pericoli: incidenti, rapine, overdose, risse. Non è lecito che qualcuno comprometta l’uso della ragione a discapito di qualcun altro, tanto per uno stupro quanto per un incidente stradale. E allora perché dovrebbe essere sbagliato insegnare ai propri figli che a ogni scelta e azione corrisponde una conseguenza?
Ecco allora che diventa difficile immaginare un mondo in cui si debba insegnare il valore del consenso ai ragazzi, senza però dire nulla alle ragazze perché tutto potrebbe minacciare il loro presunto diritto all’autodeterminazione. «Anziché raccomandare prudenza alle ragazze, parliamo piuttosto di rispetto ai ragazzi», apostrofa Avvenire. Quel piuttosto ha insito un errore di fondo che assomiglia tanto alla menzogna del lupo che indica la scorciatoia per la casa della nonna a Cappuccetto rosso. Accanto al sacrosanto rispetto che gli uomini devono imparare c’è un valore bistrattato da tutti che però è il solo a parlare oggi e sempre al cuore, all’anima e al corpo delle vittime di stupro, ma anche di tutte le ragazze.
La scorciatoia del “vestiti come ti pare”, “hai diritto a ubriacarti”, nasconde una lotta insita nella donna che va sostenuta, rafforzata e accompagnata con amore e verità. La lotta tra la ricerca esasperata di ammirazione e la volontà di bastare a se stessa. La menzogna ideologica da cui ogni genitore è chiamato a tenersi alla larga vorrebbe etichettare il pudore, il rispetto e la dignità dell’immagine della donna come retrogradi. Insegnerebbe ad assecondare ogni propensione istintiva ed emotiva insita negli adolescenti sulla base di un permissivismo sempre più estremo. Che ogni ragazza possa incontrare qualcuno che le imprima nella mente e nel cuore i suoi veri diritti. Il diritto a essere amata senza il bisogno di uscire la sera in cerca di qualche brandello di ammirazione. E a riconoscere che lupo rapace è chiunque inneggi a un’indistinta libertà. (Fonte foto: Imagoeconomica)
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