Pubblichiamo uno stralcio dell’omelia pronunciata dal cardinale Giacomo Biffi (1928-2015) nella solennità dell’Assunzione di Maria il 15/08/2003 a Bologna, parco di Villa Revedin (fonte: Diocesi di Bologna)
[…] Maria è una di noi. Nella sua appartenenza alla famiglia umana non è diversa da noi: donna tra le donne, madre tra le madri, accudì come ogni mamma al figlio suo bambino, lo nutrì al suo seno, lo allevò con la cura e l’affetto che sono propri di tutte le madri. Anche lei un giorno lo vide partire da casa, provando lo stesso struggimento delle madri quando vedono i figli abbandonare il nido familiare e andarsene per il loro destino.
E come sanno fare le madri più sagge, anche lei lo seguì col suo pensiero quotidiano, silenziosa e discreta, restando nell’ombra e in disparte, per ritornargli accanto solo nell’ora della sofferenza e della morte. Se dunque una di noi ha raggiunto il traguardo umanamente impensabile di una gioia definitiva e di una trasfigurazione integrale ed eterna, allora vuol dire che la gloria e la felicità della stirpe di Adamo già hanno cominciato ad avverarsi; allora vuol dire che le parole che ripeteremo tra poco nel Credo – “aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà” – non sono soltanto parole ma sono certezze incontestabili, sono premesse e garanzia di una sorte che è preparata anche per noi.
Maria è una di noi, ma è anche diversa da noi, fino a costituire un caso unico nella vicenda umana.
A differenza di tutti, fu radicalmente estranea al male. Vissuta sulla nostra terra contaminata, non è stata neppure lontanamente sfiorata dal peccato. Dio l’ha arricchita di grazie eccelse e singolari, ma a tutte quelle grazie ella corrispose con una generosità senza eclissi e senza limiti.
Scelta a essere la più vicina al Signore dell’universo per la connessione ineguagliabile della divina maternità, ella seppe essergli ancora più vicina per l’assoluta limpidità della sua fede e per l’intensità del suo amore.
In virtù della sua docilità allo Spirito, fu l’unica creatura in cui il disegno del Creatore riuscì in tutta la sua compiutezza, senza correzioni né scarti.
Era allora ben giusto che le sue membra intemerate non conoscessero la corruzione del sepolcro e il suo corpo fosse il primo, dopo quello del Figlio suo, a entrare nel fulgore del Regno dei cieli.
Attenzione, però, di non cadere in un malinteso. Non è che, essendo “assunta in cielo”, la Vergine Madre di Dio sia stata confinata in una regione inaccessibile e remota a miliardi di anni luce, senza possibilità di comunicare con noi.
Non si è allontanata da noi. Il “cielo” degli angeli e dei santi, non è il cielo scrutato dagli astronomi, che è il cielo dalle distanze invalicabili, dove anche il solo pensiero di quegli spazi infiniti ci atterrisce e sgomenta. Il “cielo” dove è arrivata la Madonna è il cielo dove Dio dimora con tutta la sua famiglia di esseri felici e colmi d’amore, che godono di vivere in comunione tra loro e con noi.
Dov’è questo cielo? E’ là dove c’è Dio; è dunque dappertutto, perché, come sta scritto, in lui “noi viviamo, ci moviamo e siamo” (At 17,28).
Andando a esistere nella bellezza di questo cielo, la nostra Madre amatissima non si è affatto allontanata da noi: si è fatta a noi più vicina. Collocata nella luce di Dio, ci vede tutti e sa tutto di noi: conosce le nostre pene più intime e le nostre più segrete aspirazioni; e si dà da fare instancabilmente per noi.
Nessuno è inoperoso nella Gerusalemme celeste, che è il luogo della massima attività; e tanto meno è immobile e inerte lei, che “con la sua materna bontà si prende cura dei fratelli del Figlio suo, che sono ancora peregrinanti e posti tra i pericoli e gli affanni della terra” (cfr. Lumen gentium, 62). Si prende cura di ciascuno di noi, fino a che ciascuno di noi non sia introdotto nella sua patria più vera. […]
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