L’ira funesta dello scrittore Roberto Saviano dopo aver saputo, dai giornali, della cancellazione del suo programma Insider faccia a faccia con il crimine: 4 puntate, già registrate e previste a novembre su RaiTre, non ha tardato a scatenarsi. E infatti nelle scorse ore si è sfogato in due interviste sul Corriere della Sera e La Stampa . «L’amministratore delegato Roberto Sergio deve essersi vergognato. Posso comprendere, essere un mero esecutore di decisioni politiche può causare un certo disagio», ha sottolineato nell’intervista con Serena Riformato. «Pago l’attacco al potere. Ma in Rai alla fine resterà soltanto Peppa Pig».
Il casus belli racchiuso nel sibillino “attacco al potere” riguarderebbe alcune infelici espressioni utilizzate dallo scrittore, su Salvini e Meloni, riguardo la questione dei migranti che Saviano non avrebbe affatto ritirato, riconfermandole e calcando, anzi, la mano, in nome di un “sentimento diffuso” (a suo dire) contro la politica antimmigrazionista del premier e del vice premier: «La mia affermazione è stata assai tenue, a pensarci bene. Il disgusto dovrebbe essere maggiore, e lo è, molto spesso lo è. C’è una gran parte dell’Italia che di fronte a questo inorridisce, e di questo sentimento diffuso mi sono fatto interprete. Mi faccio interprete del disgusto di chi, da operatore, ha dovuto subire più volte infami attacchi. Me ne sono fatto interprete dinanzi a quel video, dicendo “Bastardi, come avete potuto?”». Di più, la sua sarebbe stata un’invettiva sin troppo educata: «Io non potevo stare zitto. Non potevo accettarlo. E sento di aver speso parole perfino troppo prudenti, di aver gridato indignazione perfino con parsimonia».
A Salvini, poi, avrebbe riservato un ulteriore trattamento a parte, definendolo anche “ministro della Mala Vita”, con un’espressione di Gaetano Salvemini. Così ora si sarebbe aperto il processo per diffamazione. E ultimamente RaiTre, nella persona del suo a.d. Roberto Sergio in un’ intervista al Messaggero avrebbe fatto sapere: «Saviano non è in palinsesto, è una scelta aziendale, non politica». Certo, Saviano cancella da RaiTre, suona quasi come un ossimoro, ma tant’è. Ovviamente i compagni di merende dello “scrittore antimafia” non sono stati a guardare. Non poteva mancare Michela Murgia che forse da troppo tempo non pronunciava la magica parola che, da quando si è insediato l’attuale governo ricorre ossessivamente più che mai sulle labbra dei kompagni: «La Rai fascista censura Saviano».
Ma non basta ergersi a vittima dell’antifascismo, perché evidentemente ora c’è un nuovo palcoscenico in cui interpretare l’allettante ruolo di “perseguitato dai potenti”. Da accusatore ad accusato, da vittima a carnefice, in quanto vestale, custode (auto elettosi) della “libertà di parola” che avrebbe la missione di salvaguardare. «Hanno solo inventato il rispetto di un presunto codice etico» ha protestato lo scrittore, perché il messaggio è che “lui può dire tutto”»
In tutto questo una cosa ci preme far notare: Saviano in quanto vittima del sistema e dei poteri forti, ecco, non pare credibilissimo. Si è infatti espresso – per limitarci solo a qualche esempio – a favore dell’eutanasia, a favore della legalizzazione delle droghe e dell’immigrazionismo, incarnando al meglio l’agenda sorosiana dei poteri forti liberal e cosmopoliti. Ovviamente si tratta di scelte, ognuno decide di fare la sua e nessun può dir nulla perché rientra nella libertà di pensiero e di espressione. Ma proprio in virtù di questo è una contraddizione in termini, per un autore di successo e coccolato dalla grande stampa, dire che «attacca» il potere. Attacca il governo, semmai indubbiamente, ma il potere vero resta altra cosa e uno che come mestiere fa lo scrittore, dovrebbe conoscere bene l’importanza e il peso delle parole e delle giuste espressioni… (Fonte foto: Youtube, Rai, Che tempo che fa)
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