Sembra scontato il dirlo e il ripeterlo ancora ma credo sia assolutamente necessario mantenere viva la memoria prima che i riflettori si spengano per riaccendersi sul prossimo fatto di cronaca.
Mi riferisco agli avvenimenti di Casal Palocco, avvenimenti che ci hanno scosso tutti nel profondo.
Ci chiediamo ancora come sia stato possibile che avvenisse un fatto così terribile. Tutte le persone coinvolte nei fatti sono vittime: chi ha ucciso e chi è morto, i familiari della vittima e i familiari degli uccisori. È vittima l’intera comunità: tutti sapevano dei comportamenti irresponsabili messi in atto dai giovani youtubers ma nessuno ha denunciato. Per timore di ritorsioni? Per superficialità? Per disinteresse? Nessuno lo sa. Certo è che l’indifferenza miete vittime. Sempre.
Un innocente è morto e dei giovani hanno ucciso. Questa è la realtà, la terribile realtà che fa sì che la nostra attenzione ritorni, per l’ennesima volta, al mondo dei giovani. Chi li educa? Chi se ne prende cura? Chi fa uscire questi giovani dall’abisso della morte cui la mancanza di cura li ha condannati? Sul banco degli imputati non stanno solo i responsabili della morte del bambino, non stanno solamente i loro genitori: sul banco degli imputati stiamo tutti noi. Chi ha accompagnato questi giovani nella loro crescita? Da chi si sono formati? Chi è stato con loro? Chi li ha abbandonati alla noia e all’ozio, terreno assai fertile nel quale attecchiscono le peggiori forme del gregariato?
È inutile scandalizzarsi adesso, sull’onda di una facile emozione: se occorre scandalizzarsi, occorre farlo sul motivo per il quale tanta violenza è stata commessa e occorre lavorare affinché il valore della persona sia riconosciuto, stimato e trasmesso. Si parla tanto della cultura della vita: essa non si esaurisce nella tutela del piccolo o del neonato. Essa, al contrario, si dispiega in un accompagnamento a 360 gradi che ha nella famiglia, nella scuola, nelle associazioni locali i mezzi più adatti ad accompagnare i giovani. La cura della persona e delle relazioni è l’unico antidoto contro la violenza, in qualsiasi forma essa si manifesti.
Lo stesso dicasi riguardo al fenomeno delle case occupate, l’ennesima guerra tra poveri. Chi occupa una casa necessita di un tetto sopra la testa; chi è in lista d’attesa attende con ansia una sistemazione dignitosa. Va certamente chiarito che occupare una casa assegnata ad altri contraddice il diritto alla proprietà privata e, mi sia consentito, contraddice un comandamento.
Però, se l’alternativa è la strada, se l’alternativa è la stazione, posso comprendere umanamente, non certo giustificare, chi trova come soluzione occupare la casa di altri.
Allora, è quanto mai urgente trovare una soluzione che riconosca il diritto ad avere una casa. Sicuramente dispiace che, come sempre avviene, subentra la meschinità umana: alla povertà si affianca la sparizione di una bambina, le accuse, il degrado.
Certo non è una situazione degna di un Paese come il nostro che vanta risultati economici e di welfare davvero invidiabili.
Occorre, dunque, avere il coraggio di un nuovo piano di edilizia popolare, simile a quello ideato da Fanfani per l’Italia del dopoguerra.
Occorre avere anche il coraggio di condurre una battaglia contro il degrado di certe zone urbane: si sa che il bello favorisce il bello.
Ciò che, al contrario, rimanda a trascuratezza e abbandono non può che condurre al degrado, alla scarsa stima di se stessi, alle meschinità. Rimango sempre affascinata quando leggo di piani di riqualificazione territoriale, di architetti che pongono le loro competenze a servizio delle comunità di periferia o con maggiore rischio di tenuta sociale. Invito gli Enti locali ad incoraggiare tutte quelle realtà che favoriscono l’integrazione, la costruzione di una trama di relazioni, realtà che agevolano un riscatto sociale e, al contempo, generano ricchezza.
Ecco perché ritengo che occorra dare dignità alle persone per fare sì che la bellezza, la cura, l’attenzione al dettaglio siano aspetti di una nuova educazione che punti effettivamente al cambiamento della società.
La persona, dunque, deve essere al centro, sempre: della scuola, dei servizi, di tutto ciò che gravita attorno alla vita di tutti noi. Invito, pertanto, tutti, in nome del comune senso di giustizia che ci affratella a darsi da fare, ognuno nel proprio ambito di vita e di lavoro, perché il bello prevalga sul degrado, la generosità sconfigga la meschinità, il coraggio sradichi l’indifferenza.
(Immagine: screen shot Porta a Porta, Rai1, puntata 22/06/2023)
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