Se un tempo verso gli insegnanti c’era un tale riguardo da appellarli con “signor maestro” o “Maestro” appunto con la “m” maiuscola, oggi, invece, se la passano bene quei docenti che non devono subire improperi dai loro alunni o, come nel caso più recente, addirittura coltellate. È quanto accaduto ad Abbiategrasso, alle porte di Milano, ieri mattina alle 8.25, presso l’istituto superiore Alessandrini, dove un’insegnante cinquantunenne è stata aggredita con un coltello da un alunno sedicenne che l’ha colpita alla testa e all’avambraccio.
Le ferite riportate dalla docente sono di una certa gravità, ma fortunatamente non è in pericolo di vita. Il ragazzo aveva con sé anche una pistola giocattolo che ha lasciato sul banco, all’arrivo dei carabinieri, ai quali non ha posto nessuna resistenza. «Oggi mi recherò ad Abbiategrasso dove è accaduto un fatto particolarmente inquietante» – ha commentato il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, intervenendo al Mind di Milano all’evento Pact for Innovation. «Dopo l’esperienza del Covid – ha sottolineato – gli episodi di bullismo si stanno moltiplicando, anche perché si è interrotta quella relazione interpersonale che è fondamentale nello sviluppo educativo».
E i dati parlano chiaro: secondo un’indagine condotta da Skuola.net su un campione di 1.800 studenti, dall’inizio dell’anno scolastico, è emerso che un quinto di essi avrebbe assistito ad un’aggressione verbale o fisica di un compagno nei confronti di un professore. E la cosa più inquietante è che non solo il 40% dei ragazzi ha dichiarato che il fattaccio veniva sistematicamente ripreso col cellulare, ma che addirittura, secondo l’80% degli alunni, gli episodi vengono normalmente resi più “scenografici” per essere filmati e pubblicati sui social.
Ciò la dice lunga sull’abuso dei device, esploso letteralmente con il covid e l’isolamento forzato e che ha prodotto una generazione sempre più connessa alla rete e sempre meno connessa alla propria mente e al proprio cuore. Giovani sempre più distratti dall’attenzione al sé, senza una sana autoconsapevolezza che finiscono per di più, privi di strumenti culturali adeguati, per assorbire passivamente la pedagogia dell’orrore e del non senso, trasmessa dall’uso compulsivo di internet e tv.
Un’emergenza educativa, dunque, quella in corso, dove il rendimento scolastico basso, spesso movente di molti gesti di follia compiuti verso gli insegnanti, è solo la punta dell’iceberg di un disagio molto più profondo, di cui gli adulti, oltre la rete, sono in una certa misura, responsabili. Una generazione, questa, infatti, senza punti di riferimenti, in cui persino gli adulti faticano a fornire ai ragazzi una visione della realtà dotata di un orizzonte di senso, verso cui dirigere le proprie azioni, essendone essi stessi, per primi, deprivati.
Da ciò deriva un’enorme difficoltà nel guidare i più giovani facilmente risucchiati dal canto delle sirene del consumismo e rapiti nell’ingranaggio di una vita dai ritmi follemente forsennati che non mette mai al centro la persona. E a tutto ciò si aggiunga la disgregazione della famiglia, luogo educativo per eccellenza, il diffuso relativismo etico che alimenta la cultura del “lasciar fare”, arrivando a legittimare anche le condotte più distruttive e il carico da novanta dei vari “influencer”, tutt’altro che educativi e che spesso, anzi, insegnano, per riscuotere un successo facile, la ribellione ad ogni forma di autorità.
Il semplice “contrasto al bullismo”, pratica ormai diffusa nelle scuole, dunque, non risolve un problema che si trova alla radice di certe azioni e prima ci si prenderà seriamente la croce di farsi carico di questa drammatica emergenza educativa, meglio sarà. Che si intervenga in tempo, allora, evitando che si crei una nuova generazione di adulti svuotati, frustrati, disorientati, che siano tentati di riprodurre lo stesso modello umano ed educativo ricevuto, nel rapporto con i propri figli (Fonte foto: Pexels)
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