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Cardinale Eijk: «La Chiesa deve dare una risposta chiara al dilagare dei servizi di intelligenza artificiale»
NEWS 23 Maggio 2023    di Manuela Antonacci

Cardinale Eijk: «La Chiesa deve dare una risposta chiara al dilagare dei servizi di intelligenza artificiale»

Non ha dubbi il cardinale Wilhelm Jacobus Eijk arcivescovo di Utrecht, esperto di sessualità e bioetica nel ritenere che la Chiesa debba pronunciarsi e in tempi rapidi, sull’intelligenza artificiale (argomento di cui si è occupato anche il Timone  cui vi invitiamo ad abbonarvi , nel numero di aprile ). Il cardinale sostiene che la proliferazione dei nuovi servizi di intelligenza artificiale, come ad esempio chatbot, ChatGPT e Bard di Google, software che simulano ed elaborano le conversazioni umane, consentendo agli utenti di interagire con i dispositivi digitali come se stessero comunicando con una persona reale, richiedono un intervento concreto da parte della Chiesa cattolica.

In particolare riguardo le risposte alle questioni religiose che oggi possono fornire le chatbot, ora che questi software hanno ancora un margine di errore. Ci vorrebbe un pronunciamento ufficiale, secondo il cardinale, attraverso un documento, da parte della Chiesa, anche se, allo stesso tempo, afferma non è facile prevedere gli sviluppi futuri di queste nuove forme di intelligenza artificiale. Altrettanto importante sarebbe la riflessione sull’uso dell’IA, nel campo della pastorale e dell’assistenza medica, perché sono ambiti che incidono sul modo in cui la società sviluppa la sua concezione dell’uomo. Non solo, queste nuove forme di intelligenza artificiale possono essere usate anche nell’ambito della predicazione, con risultati, sottolinea il cardinale, non sempre ottimali. L’arcivescovo di Utrecht, infatti, ha raccontato ciò che gli è successo durante una predicazione, nel momento in cui ha fatto un esempio che aveva letto in un libro, riferendosi a Tommaso d’Aquino:

«Un diacono della mia arcidiocesi, che è anche professore di dogmatica presso la nostra facoltà di teologia a Utrecht, non ricordava di aver sentito questa storia su Tommaso d’Aquino. Così un giovane sacerdote ha chiesto a un chatbot, e il chatbot ha risposto che l’esempio veniva da Sant’Alberto Magno, non da San Tommaso d’Aquino. Allora, qual è la verità? La risposta del chatbot è il risultato di un calcolo di intelligenza artificiale. Ma questo significa anche che l’aggiunta di molte informazioni religiose ai chatbot può influenzare le risposte. Perciò dobbiamo cercare di essere presenti nel campo dell’intelligenza artificiale. Sebbene l’intelligenza artificiale possa fare molto di più del semplice testo: le chatbot, come sistemi di dialogo virtuale, sono utilizzati per scopi come consigli online o domande frequenti e ora hanno raggiunto un tale livello di interazione che possono rispondere, raccogliendo dati e mettendoli in ordine con l’aiuto di applicazioni di intelligenza artificiale».

Chatbot come Bing o Bard, poi, possono addirittura simulare conversazioni con i santi sulla base delle informazioni acquisite sulla loro vita e sulle parole dei santi. Per questo Eijk pur ammettendo la necessità di comprendere prima bene gli sviluppi futuri dell’IA, tuttavia, sostiene che «se aspettiamo troppo, altri avranno introdotto più informazioni che determineranno le risposte. Quindi non dobbiamo aspettare molto per agire in quest’area. Non conosciamo le conseguenze dell’uso diffuso del software chatbot, ma possiamo già prevedere un certo scenario. Si dice che questo software commetta errori, ma come saranno tra 10, 20 o anche tra cinque anni? Ci saranno altri tipi di intelligenza artificiale, computer molto più potenti che potranno dare risposte molto più precise. Ora abbiamo la possibilità di influenzare le risposte».

Per non parlare, incalza il cardinale, della diffusione di «un nuovo “transumanesimo”, in cui gli esseri umani possono essere trattati e percepiti come macchine». A suo dire «né nella Chiesa né nella società, c’è consapevolezza dei profondi cambiamenti che ci attendono nei prossimi anni». Ad esempio ricorda che «abbiamo già case di cura dove i robot consegnano il cibo. La distribuzione del cibo ai malati era anche il momento del contatto umano con i malati, e questo è già andato perduto».

L’introduzione della robotizzazione nelle cure rivolte ai più fragili, prevede Eijk potrebbe portare in futuro ad una forte pressione sociale perché questi robot vengano introdotti nelle case private, per l’assistenza di anziani che vivono in solitudine, finendo per aumentare ulteriormente il loro senso di isolamento. Per questo, conclude il prelato «dobbiamo pensare bene prima di introdurre tutte queste macchine nella nostra vita. Fermo restando che esse possono avere un impatto molto positivo sulle cure, ma abbiamo bisogno di trovare un equilibrio tra l’elemento umano e l’elemento meccanico» (Foto: Imagoeconomica)

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