Questa mattina la Chiesa ci invita a pregare con le parole del primo salmo: «Ti video le acque, Dio, ti videro e ne furono sconvolte; sussultarono anche gli abissi. Le nubi rovesciarono acqua, scoppiò il tuono nel cielo; le tue saette guizzarono. […] Sul mare passava la tua via, i tuoi sentieri sulle grandi acque e le tue orme rimasero invisibili». Come non rivolgere il pensiero alle grandi acque che stanno inondando le nostre terre? Nubifragi, allagamenti, frane.
La situazione emergenza dovuta al maltempo in Emilia-Romagna ha causato l’esondazione dei fiumi, 14 in uno o più punti, tra cui il Savio (Cesena) il Montone (Forlì), il Sillaro (Ravenna), il Savena e lo Zena (Bologna). La circolazione ferroviaria è andata in tilt, il centro di Faenza è sott’acqua, a Riccione si è allagato persino il pronto soccorso dell’ospedale. Ferrovie chiuse, strade statali chiuse in vari tratti. In molte zone ci sono blackout elettrici e le comunicazioni telefoniche sono pressoché ovunque molto complicate. In collina e montagna si contano circa 250 frane.
L’acqua ha raggiunto il piano viabile della A14, Autostrade per l’Italia annuncia che non esclude di chiuderne temporaneamente alcuni tratti nelle prossime ore. Fino a ieri sera si contavano mille evacuati, ma il numero è in continua evoluzione. «La situazione già ora è molto complessa e l’emergenza non è ancora cessata perché sta continuando a piovere. Abbiamo evidenza che ci possano essere altre esondazioni», lo afferma la vicepresidente della Regione con delega alla Protezione civile, Irene Priolo.
Il bilancio provvisorio conta quattro morti e numerosi dispersi. Ieri sera a Forlì è morto un uomo, mentre la moglie è stata salvata. Un altro, di 70 anni, a causa dell’esondazione del Savio, e la moglie risulta dispersa. Questo lo scenario apocalittico. E c’è da chiedersi che cosa debba fare un cristiano di fronte a ciò, soprattutto se non è un soccorritore. C’è chi ci precede in Cielo e può essere invocato in momenti come questi. Sono due i santi da invocare per chiedere la fine delle alluvioni: san Giovanni Nepomuceno e san Lucio di Cavargna.
Il primo nasce nel 1330 a Nepomuk, in Boemia e fu consacrato sacerdote a Praga dove divenne predicatore di corte del re Venceslao. La moglie del re, Giovanna di Baviera, lo scelse come confessore, ma il re sospettò che Giovanna gli fosse infedele. Si rivolse a Giovanni per conoscere le confessioni della donna, ma il Santo fu fedele alla segretezza del sacramento, nonostante le minacce. Questo gli costò la condanna a essere gettato nel fiume Moldava. Il 20 marzo 1383 venne gettato nella corrente sul ponte della città tra il sesto e il settimo pilastro venne gettato nella corrente. Ecco perché è il Santo protettore di ponti e alluvioni e viene invocato come martire per tutti i pericoli che provengono dall’acqua.
Il secondo visse probabilmente tra il XII e il XIII secolo. La sua vita fu pubblicata a Cremona nel 1861 dalla quale si apprende che fu pastore e che «non temeva le infuocate canicole, tempi piovosi, ed ogni intemperie delle stagioni; pazientava il salire sui monti, il calare nelle valli, il vivere nei boschi, sempre attento alla guardia commessagli degli armenti; e come se fosse istrutto dalle pecore e dal latte che maneggiava, tal era obbediente e arrendevole alla grazia del suo stato. Faceva in somma tutto ciò con tal esattezza, che in breve anche per una strada abietta poté giungere ad un termine glorioso di cristiana pietà e soda virtù del Vangelo».
Venne scacciato dal suo primo padrone perché distribuiva ai poveri parte del prodotto del suo lavoro. La tradizione dice che egli non rubava il formaggio del suo padrone ma che con il siero rimasto dalla casata, produceva della mascarpa che poi veniva data ai poveri. La tradizione lo annovera tra i martiri perché si racconta venne ucciso dal proprio padrone. È protettore dalle alluvioni, dalla siccità, dalla grandine, delle buone condizioni meteorologiche, dei casari, delle mandrie, dei pastori e dei poveri. Anche se vorremmo fare tutto da soli, anche se pensiamo che tutto sia sotto il nostro controllo, alcuni fatti ci mettono di fronte alla nostra inevitabile impotenza umana.
Ed è lì che, prepotente, può trovare spazio la potenza della preghiera, appellandoci soprattutto a chi ha amato Dio a tal punto da godere della santità. È il Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 2683, a insegnarcelo: «I testimoni che ci hanno preceduto nel Regno, specialmente coloro che la Chiesa riconosce come santi, partecipano alla tradizione vivente della preghiera, mediante l’esempio della loro vita, la trasmissione dei loro scritti e la loro preghiera oggi. […] Essi non cessano di prendersi cura di coloro che hanno lasciato sulla terra. La loro intercessione è il più alto servizio che rendono al Disegno di Dio. Possiamo e dobbiamo pregarli di intercedere per noi e per il mondo intero».(Fonte foto: Imagoeconomica – Facebook – Facebook)
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