È stata proclamata beata ieri Conchita Barrecheguren con una cerimonia nella Cattedrale di Granada. La storia di santità della sua vita, insieme alle sue virtù e a un miracolo attribuito alla sua intercessione, sono state riconosciute dalla Chiesa cattolica. La sua causa di canonizzazione inizia nel 1938, durante la guerra civile spagnola. Si concluse nel 1945 e, poco dopo, Papa Pio XII permise di continuare il processo non avendo trovato nulla di discutibile nei suoi scritti. Nel 1977 si svolse un processo suppletorio diocesano in cui si presentarono 23 testimoni.
Nel 2016, è stato esaminato nella diocesi di Orihuela-Alicante il presunto miracolo della guarigione di una ragazza che aveva subito una sindrome da shock tossico con danno multiorgano nel 2014. Nel 2020, papa Francesco ha emesso un decreto che riconosceva le virtù eroiche di Conchita, e nel 2022 è stata autorizzata la pubblicazione di un altro decreto che certificava che un miracolo era stato attribuito all’intercessione della nuova beata.
Presenti più di 2.500 fedeli, tra cui un centinaio circa di parenti di Maria Conchita, alla cerimonia officiata dal cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. María de la Concepción del Perpetuo Socorro Barrecheguren García è nata a Granada nel 1905, da padre di origine basco-catalano e madre di Granada. Fu battezzata il giorno dell’Immacolata nella parrocchia del Sagrario della Cattedrale di Granada.
La sua breve vita, 21 anni cinque mesi e sedici giorni, è stata «più che sufficiente per farsi e costruirsi come donna, come donna cristiana, e per sviluppare le sue qualità», ha spiegato padre Tejerizo nella redazione della sua biografia. Nell’ottobre 1926, mentre faceva ritorno da un viaggio a Lisieux in Francia, l’ha colta una leggera raucedine, in principio alla sua tubercolosi. A poco a poco, la malattia mina la fragile natura di Conchita e i medici consigliano di trasferirla in una casa di proprietà famigliare vicino alle foreste dell’Alhambra, confidando nell’aria fresca. Tuttavia, morì il 13 maggio 1927.
Tutti coloro che l’hanno conosciuta ne sono rimasti ammirati per la fede con cui ha affrontato il tempo della malattia. Fede che le ha permesso di capire quanto i piani di Dio non coincidano sempre con i nostri e che quello era il modo con cui la chiamava a seguirLo. «Maria Conchita», afferma il prefetto, «ha dato frutto abbondante perché è sempre stata unita a Cristo e mai si è distaccata da lui, anche nelle ore buie della prova. Dovette, difatti, affrontare avversità umanamente superiori alle sue deboli forze, come la malattia mentale della madre, le sue proprie sofferenze fisiche e, nell’ultima fase dell’esistenza terrena, quelle provocate dalla tubercolosi».
Della vita della nuova beata si è detto che rifletta un aspetto sottolineato dal Concilio Vaticano II, in qualche modo preannunciandolo: «L’importanza dei laici nella Chiesa e la loro partecipazione, attraverso il Battesimo, al sacerdozio di Cristo». La semplicità di Conchita e la sua umile condizione di cristiana nella vita ordinaria e corrente sono una testimonianza importante oggi. «Il suo modo di affrontare la croce e il suo allontanamento dal mondo e da tutto ciò che potrebbe distrarla dal suo processo di crescita spirituale», si legge nella sua biografia, le hanno permesso di vivere un’intera esistenza senza che abbia mai «cercato o vissuto cose sorprendenti. Era semplicemente cristiana».
«Il mio amore sarà un Dio crocifisso, il mio cibo la preghiera, la mia fortezza l’Eucaristia», scriveva Maria Cochita che, afferma il cardinale Semeraro, oggi «diventa per tutti noi modello da imitare» e conclude: «Soprattutto a chi è nella sofferenza e nella prova, la beata Maria Conchita, con l’offerta della sua giovane, breve esistenza e con l’affidamento totale e fiducioso in Dio, mostra come la conformazione a Cristo, nell’amore crocifisso, trasforma la sostanza della vita, anche la più complessa e difficile». (Fonte foto: Facebook)
Potrebbe interessarti anche