Oggi 25 Aprile, Festa della Liberazione dal nazifascismo e giorno in cui si rende omaggio al valore della Resistenza partigiana, vi raccontiamo la storia di un partigiano molto particolare che andando oltre ogni ideologia, seppe lottare sì per la libertà, ma senza dimenticare il valore più alto: quello della vita umana, per la quale arrivò a sacrificare sé stesso. Stiamo parlando del Servo di Dio Gino Pistoni, giovane partigiano cattolico di Ivrea che morì ad appena vent’anni, per soccorrere un soldato nemico.
Pistoni ebbe una vita inizialmente normalissima: studiò presso il Collegio S. Giuseppe di Torino, diretto dai Fratelli delle Scuole Cristiane, dove diventò ragioniere, si appassionò al calcio, al basket, allo sci e all’ alpinismo. Tuttavia la sua vita normalissima, ad un certo punto subì un’impennata, quando venne in contatto con l’Azione Cattolica di cui si impegnò a mettere in pratica il programma: “Preghiera, Azione, Sacrificio”. In occasione del suo ingresso nella Società Operaia del Getsemani, movimento fondato da Luigi Gedda all’interno dell’AC, Gino Pistoni scrisse questa preghiera che doveva rimanere segreta: «Il mio cuore oggi eleva a Te, o Signore, un inno di lode e di ringraziamento per le molteplici e sublimi grazie che visibilmente mi hai elargito in abbondanza in questi ultimi anni. Ti ringrazio di avermi chiamato, due anni fa, a far parte dell’Azione Cattolica e di aver dato alla mia vita, prima di allora veramente vuota, uno scopo che la rendesse degna di essere vissuta. Ti chiedo la grazia di dividere con Te le sofferenze del Getsemani, accettale benigno e dammi la forza di sopportarle in espiazione dei peccati miei e dell’umanità intera. Concedimi inoltre la grazia necessaria per vivere una vita interamente e profondamente cristiana, tutta dedita al Tuo servizio e alla salvezza delle anime.»
Il forte ardore apostolico che emerge anche da questa preghiera, lo spinse a diventare animatore dei centri giovanili in varie località della diocesi. Gli venne affidata la segreteria del centro diocesano, a stretto contatto con l’assistente diocesano e il gruppo dirigente, sotto i cui occhi sbalorditi si manifestava l’incredibile rincorsa di Gino Pistoni verso la santità, segnato profondamente dall’incontro con Gesù Cristo. «Offro la mia vita, offro me stesso, ciò che sono e che sono diventato e ciò che ancora sto diventando nell’abbraccio d’amore di Dio», la sua preghiera ripetuta.
Anche il servizio militare, cui venne chiamato nel 1944, si trasformò in un’occasione di evangelizzazione: Pistoni riuscì a coinvolgere ogni sera la camerata nella recita del rosario. Poco tempo dopo, sconvolto dall’ideologia malefica del regime nazifascista, decise di impegnarsi sì contro il totalitarismo, andando sui monti insieme ai partigiani, ma a condizione di non imbracciare mai un fucile. Così il 25 luglio 1944, durante un attacco delle SS tedesche è l’unico partigiano disarmato sulle montagne di Trovinasse, nella zona del Mombarone. E mentre tutti i compagni armati fuggono, lui senza difesa alcuna, rimane per soccorrere un soldato nemico ferito.
Colpito da una scheggia di mortaio che gli recide l’arteria femorale, muore solo e dissanguato e, mentre la sua vita si spegne fa appena in tempo a scrivere con le dita intrise di sangue, sulla tela del tascapane: «Offro la mia vita per l’Azione Cattolica e per l’Italia, W Cristo Re». La preghiera, la lettura spirituale, l’Eucaristia, la devozione alla Madonna, l’amore per la Chiesa, il terreno fertile su cui si è preparata l’offerta del suo sacrificio. Accanto al suo corpo verrà ritrovato, macchiato di sangue, il Piccolo Ufficio della Madonna. (Fonte foto: screenshot youtube)
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