Le congetture propalate in questi giorni hanno ricevuto il massimo della risposta. Papa Francesco al Regina Caeli di ieri si è detto «certo di interpretare i sentimenti dei fedeli di tutto il mondo» rivolgendo «un pensiero grato alla memoria di san Giovanni Paolo II, in questi giorni oggetto di illazioni offensive e infondate».
Il riferimento è chiaramente a quanto ha affermato Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, la ragazza di 15 anni scomparsa nel 1983 e mai ritrovata, alla trasmissione Di martedì di Giovanni Floris e in onda su La7. «Mi dicono che Wojtyla ogni tanto la sera usciva con due monsignori polacchi e non andava certo a benedire le case», ha detto Pietro Orlandi, lasciando intendere appunto che il Papa potesse uscire a fare chissà quali tour. Peraltro, nella stesse trasmissione si era fatta ascoltare una registrazione di un uomo vicino alla Banda della Magliana che, a parte qualche beep, sostanzialmente sosteneva che nel caso di Emanuela Orlandi bisognava considerare un omicidio ordinato al boss della banda, Enrico De Pedis, nientedimeno che dal segretario di Stato dell’epoca tramite due cappellani nelle carceri. E, infine, l’uomo ha sparato ad alzo zero, facendo intendere che quest’iniziativa sarebbe servita a coprire le malefatte di Giovanni Paolo II («pure insieme se le portava in Vaticano quelle», alludendo ad Emanuela e le altre ragazze).
«Illazioni offensive e infondate» ha tuonato ieri Francesco in Piazza San Pietro, dopo che il direttore editoriale dei media vaticani, Andrea Tornielli, aveva scritto qualche giorno fa sull’Osservatore romano: «Prove? Nessuna. Indizi? Men che meno. Testimonianze almeno di seconda o terza mano? Neanche l’ombra. Solo anonime accuse infamanti». E anche l’ex segretario di Giovanni Paolo II, il cardinale Stanisław Dziwisz con un comunicato aveva parlato di «accuse farneticanti» e «criminali».
Pietro Orlandi ieri, dopo le parole di Francesco al Regina caeli, ha dichiarato che «è giusto che Papa Francesco abbia difeso Wojtyla dalle accuse fatte attraverso un’audio reso pubblico lo scorso 9 dicembre. Per questo motivo ho deciso di depositare quell’audio al promotore di giustizia Alessandro Diddi , lo scorso 11 Aprile affinché convocasse, Marcello Neroni, autore di queste accuse. Certamente non può spettare a me dire se questo personaggio abbia detto il vero oppure no. Diddi ha accolto questa mia richiesta, insieme alle altre, promettendo che avrebbe scavato a fondo ogni questione, compresa questa. Io, tantomeno l’avvocato Sgrò, abbiamo mai accusato Wojtyla di alcunché come qualcuno vorrebbe far credere. L’unico nostro intento è quello di dare giustizia a mia sorella Emanuela e arrivare alla Verità qualunque essa sia».
Nessuno può mettere in dubbio il dolore e la voglia di cercare la verità sul triste caso di Emanuela Orlandi, «qualunque essa sia», ma la frase sui presunti tour serali di Giovanni Paolo II con due monsignori «non certo a benedire le case», frase in forte di odore di tendenziosità, l’ha pronunciata in Tv Pietro Orlandi. E non è qualcosa che si possa dire senza poi aspettarsi, giustamente, che qualcuno chieda conto. Perché un «mi dicono» non va bene nemmeno al bar. Al Papa ha fatto eco la conferenza episcopale italiana con un comunicato che si unisce alle parole di Francesco al Regina caeli, sottolineando che «Non ci possono essere mezzi termini, infatti, per definire i recenti attacchi verso San Giovanni Paolo II».
Poche ore prima sul suo profilo Facebook, lo stesso Pietro Orlandi aveva sottolineato che si stava «rendendo conto di quanta stampa, ancora sia asservita al Vaticano». Ma qui non si tratta di difendere il Vaticano, e nemmeno un papa, ma il fatto che nessuno può essere intaccato nella sua dignità sulla base di un commento rilasciato in Tv e fondato su un «si dice».
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