Italia 2050. Una corsia d’ospedale vuota, si sente il pianto di un bimbo, è appena nato, l’infermiera porge il fagottino alla mamma che lo chiama per la prima volta per nome: Adamo. Poi la scena stacca e si riapre sull’interno di una casa: le foto ricordo, i giocattoli di un bimbo la cui voce si può appena sentire in sottofondo, ha qualche anno, sta giocando sul tappeto, poi appaiono i genitori e la mamma parla: «Adamo è un bambino speciale – dice – possiamo dire che tutti i bambini sono speciali, ma lui ha una particolarità in più, è l’ultimo bambino nato in Italia, dopo di lui nel nostro Paese non è nato più nessuno». Siamo nell’Italia del 2050 e non nascono più bambini. É l’incipit del film futuristico che Plasmon ha realizzato nell’ambito del Progetto Adamo (vedi qui sotto). L’azienda che produce i biscotti che sono praticamente sinonimo di infanzia dunque si mobilità di fronte ad uno scenario che vede i suoi “potenziali clienti” diminuire sempre più (fino a sparire?). D’altra parte inverno demografico significa decrescita, tutt’altro che felice.
Il cortometraggio è una fotografia di come il nostro Paese potrebbe essere se a forza di non far figli, arrivassimo al punto zero delle nascite, dismettendo sale parto, asili, scuole e speranze per il futuro. Plasmon risponde non soltanto elencando le politiche che mette in atto per sostenere le famiglie dei propri dipendenti, ma mette nero su bianco una serie di spunti per invertire la tendenza di questa crisi per il nostro Paese – congedi parentali, sgravi fiscali, politiche di conciliazione, asili nido, flessibilità lavorativa – e invita a sottoscrivere un appello che sarà inviato agli Stati Generali della Natalità fissati nel prossimo mese di maggio. È un bene che anche le aziende si muovano di fronte ad un record negativo di nascite che ogni anno supera sé stesso. Ed è bene che si agisca in sinergia con gli attori politici sul territorio. Solo, per frenare la caduta in picchiata, occorre fare un salto in più, quello culturale. E molto parte dalle donne o meglio dall’idea che abbiamo della donna. Che si vuole di volta in volta, cancellare o snaturare.
Siamo l’Italia del Sanremo più arcobaleno di sempre, in cui Chiara Ferragni dal palco dell’Ariston fa il sermone sul femminismo mostrandosi praticamente nuda oppure indossando una stola con scritto «pensati libera» dove però “libera” è sinonimo di allineata a quello che la società oggi impone: l’aborto e la fecondazione artificiale come diritti, la maternità come zavorra, il lavoro come obbligo “per emanciparsi”, la mascolinità come tossica a prescindere. E siamo anche l’Italia di Elena Ethal “Elly” Schlein, prima donna alla guida del Partito Democratico che afferma: «Sono una donna, amo un’altra donna e non sono una madre», come se fosse un programma politico e in fondo potrebbe esserlo, se non fosse che è già realizzato sotto i nostri occhi. Anche lei si sente in missione speciale contro l’aborto che deve a tutti i costi difendere, da cosa non è chiaro dal momento che nessuno – purtroppo – lo mette in discussione, ma non importa. Conta solo ripetere il mantra in tutte le salse e farlo bere, assimilare e digerire a quante più persone possibili, in questo modo non solo l’inverno demografico non potrà che avanzare, ma Adamo potrebbe nascere prima di quanto pensiamo (Foto: Screenshot)
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