Un mondo senza confini né frontiere, popolato da cittadini radicati e perennemente nomadi o, come oggi usa dire, «in viaggio». È questa la prospettiva globale verso cui spingono i grandi media e gli influencer, i guru e gli intellettuali à la page, che peraltro sono gli stessi sempre pronti ad inorridire dinnanzi a qualsivoglia tentativo di regolamentare i flussi migratori – facendo passare l’idea che i confini siano sempre e comunque detestabili “muri”.
E se invece, attenzione, i “muri” servissero? Se svolgessero una funzione fondamentale nel definire non solo i Paesi, ma anche le tradizioni e le identità? Se fossero perfino un elemento di tutela della democrazia? Di questo e molto altro, da un pulpito non certo conservatore, parla al Timone il sociologo ungherese-canadese Frank Furedi, il quale, intervistato da Luisella Scrosati, si conferma un intellettuale libero e capace di ragionamenti e considerazioni controcorrente.
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