«La seconda fase del pontificato del Papa emerito non è stata meno luminosa della prima». Ne è convinto padre Livio Fanzaga, che dai microfoni di Radio Maria ha parlato della morte di Benedetto XVI come «uno spettacolo per il mondo», con quella giaculatoria finale («Signore, ti amo») che «ci ha ricordato come la nostra vita eterna dipende da come arriviamo all’ultimo istante, e che ha illustrato al mondo che la speranza cristiana è l’abbraccio con Cristo». Al Timone padre Fanzaga ricorda l’Emerito come «colui che ha avuto il coraggio di denunciare l’apostasia in corso, un santo che mai potrà essere dimenticato».
Padre Livio, lei ha sostenuto che nella «spiritualità quasi superstiziosa» che ci circonda Benedetto XVI ci ha richiamato al primato di Dio. «Vorrei innanzi tutto dire che l’intera vita di Benedetto XVI è stato un cercare e un testimoniare Dio in un passaggio storico in cui, nei paesi di antica cristianità, la fede si è largamente dissolta ed è stata sostituita da un paganesimo consumistico. In questo contesto la scelta di Benedetto XVI di lasciare il governo della Chiesa per dedicarsi alla preghiera è stato un messaggio straordinario e una forma di evangelizzazione non meno efficace».
All’esposizione delle spoglie del Papa emerito gli organizzatori prevedevano 30.000 persone, ne sono invece arrivate 195mila. Oltre 50.000, poi, i fedeli presenti alle esequie in Piazza San Pietro. Che significato dare a questa partecipazione? «Anche in questi giorni Benedetto XVI è stato presentato come un Professore di ampie vedute culturali, senza cogliere il suo fervore di credente e di innamorato di Cristo, che sono la sua profonda identità. Il popolo semplice, invece, ha visto in Lui l’immagine di Cristo buon Pastore, la fortezza della sua fede, la sua affabilità, e quei tratti di umiltà che gli hanno permesso di passare la mano a chi riteneva più adatto di lui. Tutti ci siamo resi conto che, di anno in anno, la sua persona diveniva sempre più luminosa e forte pur nella sua fragilità».
«Signore, ti amo», le ultime parole del papa emerito, colte da un’infermiere, a suo dire raccontano la morte del giusto. «La morte di Benedetto XVI, illuminata dalle sue ultime parole comprensibili, ha fatto il giro del mondo ed è stata un evento di evangelizzazione i cui effetti sulle anime solo Dio può valutare. Ho avvertito che il Cielo ha voluto smascherare la menzogna del nuovo paganesimo, secondo la quale con la morte finisce tutto. Nel medesimo tempo è stata presentata l’unica via di uscita dalla caverna nella quale ci siamo rinchiusi, ed è il Signore risorto vincitore del male e della morte».
A suo parere dietro la rinuncia di Benedetto XVI c’è soltanto la sua obbedienza alla volontà di Dio. Da dove le deriva questa sicurezza? «Per una persona della sua statura spirituale, animata da un profondo amore per la Chiesa, la scelta di dare le dimissioni non poteva che essere un’adesione generosa alla volontà di Dio. Personalmente non l’ho mai voluta commentare in Radio perché, pochi giorni prima, in un messaggio riguardante i Pastori, la Regina della pace ha ammonito “di tenere le labbra chiuse”. Benedetto XVI ha preso una decisione “coram Deo”, dopo essersi formato al riguardo un giudizio di coscienza certo. Come Lui stesso ha fatto mettere nel Catechismo, la coscienza è la voce di Dio e va sempre seguita quando abbiamo conseguito la necessaria chiarezza. Questo spiega perché al riguardo è sempre stato sereno e deciso».
Dai microfoni di Radio Maria lei ha messo in relazione la scelta di Benedetto XVI con un’altra scelta: quella che, secondo i veggenti di Medjugorje, toccherà ad ogni uomo il giorno in cui i segreti verranno svelati. «“Dio è amore e libertà”, ha detto la Regina della pace. Nella sua infinita misericordia Dio ha disposto che gli eventi dei segreti di Medjugorje vengano rivelati tre giorni prima che accadano. In quel lasso di tempo ognuno avrà la possibilità di credere o di non credere, e determinare così il suo destino nel tempo e nell’eternità».
Nell’omelia di inizio pontificato, Benedetto XVI invitò a pregare perché lui non fuggisse davanti ai lupi. Di quali lupi parlava? «Si tratta di lupi dal pelo antico, dei quali ha parlato ampiamente, nel 1917, Pio X nell’Enciclica “Pascendi” contro il Modernismo. Come già ben vide il grande Papa Paolo VI, le correnti moderniste stavano cercando di prendere il sopravvento nella Chiesa. I due giganti della fede, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, hanno eretto un argine, ma fino a quando? Di certo Benedetto XVI non è fuggito davanti ai lupi, ma li ha affrontati a viso aperto e si è difeso coraggiosamente fino a pochi mesi prima di morire».
Quando la presenza di papa Bendetto XVI venne sdegnosamente rifiutata da molti professori della Sapienza, tra cui il Nobel Giorgio Parisi, risultò chiara la paura del mondo laicista ad accettare il dialogo tra fede e scienza. Da dove discende questo atteggiamento? «In questi giorni ho letto che le più illustri Università del mondo sarebbero state felici di ricevere la visita di un uomo della statura intellettuale e morale di Ratzinger. Invece alla Sapienza di Roma, nonostante l’invito del Rettore, si sono alzate barricate perché il Papa non venisse. Forse non sapevano che è stata la Chiesa a inventare le Università».
Monsignor Georg Gänswein ha affermato che la stretta sulla messa in latino ha «spezzato il cuore» di Benedetto XVI. Il ragionamento dell’Emerito era questo: «Ciò che prima era sacro non può da un giorno all’altro diventare una cosa sbagliata». Che idea si è fatto del caso? «A me personalmente piace la Messa in latino e negli anni passati l’abbiamo trasmessa diverse volte, purché il Vescovo locale fosse d’accordo. Però capisco che l’uso della lingua parlata facilita la preghiera, per questo stiamo costruendo in Africa molti centri di trasmissione di Radio Maria nelle varie lingue locali».
«So che state facendo un buon lavoro, continuate così». Recentemente lei ha ricordato le parole di incoraggiamento che le rivolse Benedetto XVI. Che rapporto aveva il Papa emerito con Radio Maria? «Papa Benedetto, già da Cardinale, conosceva Radio Maria e la riteneva “un mezzo importante di evangelizzazione”. Ho avuto l’opportunità di stringergli la mano tre volte, in occasione dei nostri Convegni mondiali, e sempre mi ha fatto sentire la vicinanza della Chiesa. D’altra parte i Vescovi del mondo che vengono a Roma portano sempre buone notizie di Radio Maria che opera nei loro paesi».
Giorni fa, sul Foglio, il laico Marcello Pera ha invitato tutti a non aver paura di celebrare Benedetto XVI. La preoccupazione dell’ex presidente del Senato è che il grande magistero dell’Emerito possa nel tempo venire in qualche modo archiviato. Pensa che sia un timore condivisibile? «La mia convinzione personale è che Benedetto XVI, nella sua umiltà, è davvero un grande e un santo, come lo furono Paolo VI e Giovanni Paolo II. I suoi 10 anni di preghiera e di testimonianza della fede come Papa emerito ne hanno evidenziato la luce della santità che nessun oblio potrebbe nascondere». (Foto: Imagoeconomica)
Potrebbe interessarti anche