«Con la scomparsa di Papa Benedetto XVI, Roma e il mondo perdono un protagonista assoluto». «Ultimo grande pensatore della Chiesa». «Teologo raffinato». «Una vita tutta offerta per comunicare un messaggio: Dio è amore». Da Enrico Letta a Carlo Calenda, da Maria Elena Boschi a Elena Bonetti fino a Debora Serracchiani, in queste ore, è in atto un fenomeno molto singolare: l’improvvisa e commossa riscoperta della statura ecclesiale e teologica di Joseph Ratzinger; e che signora riscoperta, peraltro: manca poco al «Santo subito». Ma magari la proposta arriverà pure, nelle prossime ore, da qualche parlamentare progressista; mai dire mai, a questo punto. Staremo a vedere.
Intanto, rispetto a cotanta ovazione per il successore di Giovanni Paolo II, non si può che augurarsi una cosa: che sia davvero tutta genuina e sincera. Sul serio. Sì, perché si sta comunque parlando di colui che, da cardinale e prefetto dell’ex Sant’Uffizio, bocciò la legge Cirinnà ancora prima che fosse concepita (cfr. Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni omosessuali, 2003), e che, ancor prima, riaffermò con forza il no all’aborto: «Non esistono “piccoli omicidi”: il rispetto della vita umana è condizione essenziale perché sia possibile una vita sociale degna di questo nome» (Convegno Il diritto alla vita e l’Europa, 19 dicembre 1987).
Coerentemente, anche una volta eletto pontefice, il grande teologo si scagliò «contro la sperimentazione della pillola abortiva, la Ru486, in alcune regioni, chiedendo di “evitare di introdurre farmaci che nascondano in qualche modo la gravità dell’aborto, come scelta contro la vita”» (La Stampa, 12 gennaio 2006). Non meno energico fu il suo rilancio della della posizione della Chiesa in materia di contraccezione, con tanto di difesa della contestatissima enciclica di Paolo VI, Humanae vitae, esaltata addirittura come «luce decisiva per comprendere il grande “sì” che implica l’amore coniugale» (Messaggio per il Pontificio Istituto «Giovanni Paolo II» per Studi su Matrimonio e Famiglia, ottobre 2008).
Ancora, Ratzinger fu un pensatore che, ancora decenni or sono, bocciò ogni prospettiva di liberalizzazione della droga, dando anche al fenomeno della tossicodipendenza una interpretazione spirituale: «Il “grande viaggio” che gli uomini ricercano nella droga è così la forma pervertita della mistica» (Università di Eichstätt, novembre 1987). E che dire dell’eutanasia – che da tempo costituisce un pallino proprio della sinistra italiana -, che sempre il pontefice tedesco bocciava come «uno scempio della vita umana» (La Stampa, 12 gennaio 2006)? In pratica, tutto il repertorio dei “diritti civili” che da decenni la sinistra promuove incessantemente è stato silurato dal grande pastore cui oggi gli stessi protagonisti di quell’area politica rendono ora omaggio.
Ergo, delle due l’una: o Benedetto XVI, pur nella sua indiscutibile saggezza, non si è purtroppo mai accorto che poteva avere nelle agende del Pd e dei grillini delle insospettabili alleate per promuovere l’etica cristiana, oppure – e pare francamente l’ipotesi più plausibile – sono i ratzingeriani dell’ultima ora, adesso, ad esaltare un intellettuale grandioso ma che non conoscono; o che al massimo citano a sproposito, perché “così fan tutti”. Naturalmente, speriamo da sbagliarci. Anche se, come disse nel 1939 – restando in tema di porporati – il cardinale Francesco Marchetti Selvaggiani ad un giovane Giulio Andreotti, che poi fece sua la mitica battuta, «a pensare male si fa peccato, ma spesso s’indovina». (Foto: Imagoeconomica/Screenshot Twitter)
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