La cronaca ci consegna due casi di, si dice, crisi della politica, quello cha ha visto coinvolto il parlamentare Aboubakar Soumahoro e il caso Qatar-Parlamento Europeo. Andiamo come sempre oltre il singolo caso, italiano ed europeo: le indagini della Magistratura faranno il loro corso e appureranno cosa è accaduto. Occorre, ripeto, andare oltre. E’ necessario, innanzitutto, che ognuno di noi compia un atto di verità e si domandi: ma noi veramente ci stupiamo ancora per i casi della corruzione della politica o di determinate sue connivenze? Non voglio essere fraintesa: il mondo della politica, sia a livello locale che nazionale, è formato, lo posso attestare per conoscenza diretta, da tante persone oneste, realmente interessate al bene dei cittadini. Come ogni aggregazione umana, tuttavia, ci sono elementi che non sono altrettanto onesti ma che sfruttano il loro ruolo per interessi altri.
E’ in atto una crisi della politica? Direi di no. E’ in atto una crisi della società? Direi di sì. Ma dove risiede questa crisi? Io la individuo nella metodica e radicata incapacità da parte di molti, non dico la maggioranza, ma di molti sì, di andare a fondo delle cose, di non vedere come determinate dinamiche si innestino sempre a partire dalla stessa origine: intravedo un debole (povero, immigrato, carcerato, malato) e, invece di servirlo, me ne servo. In che modo? Additandolo come elemento da tutelare, facendolo divenire oggetto della polemica, ottenendo il plauso dei cittadini e poi il nulla.
Senza formulare un giudizio sul partito o sulla persona: guardiamo alla realtà dei migranti. Da una parte si accusa di razzismo chi vuole introdurre delle regole a tutela di chi migra e di accoglie, dall’altra si creano organizzazioni che hanno lo scopo, non tanto velato, di lucrare sul lavoro degli immigrati. Allora, mi chiedo, dove sta la ragione? Forse la ragione sta nell’andare oltre lo slogan del momento, nel riconoscere lo sfruttamento, a fini elettorali, delle singole fragilità che via via emergono. Il mondo della scuola è, purtroppo, l’esempio più eclatante di questo meccanismo, la scuola che è sempre stata feudo dei partiti, dei sindacati, della burocrazia. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.
Allora occorre non gridare allo scandalo, non stracciarsi le vesti, non sbandierare indignazione che ci fa passare per degli ingenui ma educare i cittadini, i giovani, a stare sempre all’erta, a distinguere fra chi serve una causa e chi se ne serve. Questo è il metodo che occorre applicare in ogni ambito della vita, personale o comunitaria che sia.
Cito un breve passaggio del discorso tenuto da Mino Martinazzoli, a proposito della politica onesta, a quello che sarebbe stato l’ultimo congresso della Democrazia Cristiana. Dalla segreteria di De Mita si sarebbe passati a quella di Forlani:
«Siamo all’alterazione del modello, con partiti che si sentono costretti ad essere quasi soltanto acquirenti di consenso e lo comprano ad un prezzo sempre più esoso, ottenendo inevitabilmente in cambio un aumento di ingovernabilità e la rinuncia ad un minimo di progettualità che contenga e raffiguri il legame convincente di un bene comune, di un destino condiviso».
Non aggiungo altro. Lunedì scorso era l’anniversario della strage di piazza Fontana: ecco, direi che questa coincidenza ci aiuta a capire l’importanza del saper cogliere la differenza che corre tra chi combatte per un’idea e chi combatte per un’ideologia, tra chi serve e chi si serve. A chi dice che occorre rigenerare la politica, io dico che occorre rigenerare la società attraverso l’educazione dei giovani.
(Foto Imagoeconomica)
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