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22.12.2024

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Social media, 1200 famiglie li denunciano per problemi mentali dei minori
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14 Dicembre 2022

Social media, 1200 famiglie li denunciano per problemi mentali dei minori

«I social media sono il killer silenzioso per la generazione dei nostri figli». Tony Roberts non usa filtri o metafore e parla come chi non ha più nulla da perdere. Anche perché quello che aveva di più prezioso, ossia sua figlia Engylin, l’ha persa una notte di agosto del 2020. Engylin, 14 anni, era la più piccola di una famiglia numerosa e come tale era coccolata da genitori e fratelli. Una sera, dopo averle dato il bacio della buona notte, il papà scende al piano terra e dopo poco riceve un messaggio dal padre di un’amica della ragazza che discretamente gli chiedeva se sapeva cosa stesse facendo Engylin e gli consigliava di andare a controllare. Immediatamente l’uomo sale al piano superiore e si trova di fronte a quello che un genitore non vorrebbe mai vedere, la figlia appesa ad una corda, morta, dentro la propria cameretta. Dopo essere stato inghiottito dalla voragine della disperazione Tony ha iniziato a cercare le cause di quella follia e sul telefono ha trovato un video, da Instagram, in cui una donna che spiegava ai suoi “followers” come togliersi la vita.

La sua è una delle storie raccontate nel drammatico reportage della Cbs, relativo alle oltre 1.200 famiglie che hanno intentato azioni legali contro società leader nell’ambito dei social media per i danni mentali causati ai loro figli minorenni, ragazzini dunque ma anche molti bambini. Ansia, depressione, disturbi alimentari, deficit dell’attenzione, problemi relazionali, pensieri suicidi, dipendenze, ossessioni, le forme di questi disagi sono le più sfaccettate e sono tanto più gravi più è precoce l’età in cui i bambini ne entrano in contatto. Alla sbarra dovranno presentarsi TikTok, Snapchat, YouTube, Roblox e Meta, la società madre di Instagram e Facebook.

Secondo uno studio dell’ospedale psichiatrico McLean di Belmont, nel Massachusetts «I social media hanno una natura rinforzante. Il loro utilizzo attiva il centro di ricompensa del cervello rilasciando dopamina, ossia una “chimica del benessere” normalmente legata ad attività piacevoli come il sesso, il cibo e l’interazione sociale. Le piattaforme sono progettate dunque per creare dipendenza. Secondo il Pew Research Center, il 69% degli adulti e l’81% degli adolescenti negli Stati Uniti utilizzano i social media. Ciò espone una gran parte della popolazione a un rischio maggiore di sentirsi ansiosi, depressi o malati». Il problema è sotto gli occhi di tutti, almeno in Occidente dove non esistono quasi persone prive di smartphone, ma ora le famiglie stanno passando al contrattacco trascinando in tribunale i Ceo delle piattaforme più famose sperando di colpirle almeno sul fronte economico o su quello della reputazione.

E non è sufficiente per i genitori nemmeno operare una vigilanza sui ragazzi o imporre regole ferree per arginare. Sempre il report della Cbs racconta che famiglia Spence ha citato in giudizio il gigante dei social media Meta. Kathleen e Jeff Spence affermano che Instagram ha portato la loro figlia Alexis alla depressione e a un disturbo alimentare. All’età di 12 anni la ragazzina, infatti, si è iscritta al social nonostante non avesse nemmeno l’età legale per utilizzarlo. Ma aggirare il divieto, spiega la ragazza, oggi ventenne, è stato letteralmente un gioco da ragazzi, così come aggirare le regole dei genitori che avevano imposto dei paletti rigidi come non consentire di usare lo smartphone da sola in camera e ovviamente quello di non iscriversi ai social. Non è bastato Alexis è incappata appena dodicenne in un banale profilo per il fitness che la ha trascinata dentro la voragine nera dei disturbi alimentari che la hanno portata a mettere a rischio la sua stessa vita

Sembra impossibile sfuggire alla morsa, le cui conseguenze sono evidenti anche sugli adulti. Negli Stati Uniti è nata una vera e propria linea – telefonica e on line – per chi si rende conto di essere in un tunnel senza uscita e vuole chiedere aiuto. In zona Cesarini però. Forse si potrebbe far qualcosa prima.

Come abbiamo scritto qualche anno fa, ci stanno rubando l’anima, occorre imbracciare le armi. (Foto: Pexels.com)

 

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