È monsignor Josè Ignacio Munilla, vescovo di Orihuela-Alicante in Spagna, a segnalare su Twitter una manifestazione che non ha trovato molto eco tra le notizie del fine settimana. Sabato 8 ottobre padri e madri di ragazzi con disforia di genere sono scesi in piazza a Madrid per protestare contro le leggi che impongono la terapia ormonale sui minori. In particolare, si fa riferimento alla Ley Trans, la legge approvata quest’estate presentata dal governo socialista per consentire ai minori la libera autodeterminazione di genere. Tra le altre cose, la Ley Trans, promossa dal ministro per l’Uguaglianza di Podemos, Irene Montero, riconosce l’identità di genere liberamente manifestata, senza necessità di diagnosi mediche o psicologiche che attestino la «disforia di genere», né prove testimoniali, o i due anni di trattamenti di transizione previsti dalla normativa in vigore in Spagna dal 2007.
Alcuni genitori però non ci stanno e sotto lo slogan “Contro gli ormoni qui ci sono i leoni”, sono pronti a tirare fuori le unghie per difendere i propri figli. Difenderli davvero, senza inchinarsi a nessuna imposizione ideologica. È importante precisare che non si tratta di quello che a un occhio acritico potrebbe sembrare un gruppo di “omofobi” e “bigotti”, ma per lo più da genitori che sono passati per l’accettazione e l’accoglienza dell’orientamento sessuale dei figli e che poi si sono ritrovati a dover far fronte a un improvviso cambio di rotta: il desiderio di cambiare il proprio corpo ed esigere immediati trattamenti irreversibili. Amanda è un’associazione laica e apolitica di madri e padri di adolescenti con disforia accelerata, nata alla fine dello scorso anno. Conta oltre duecento associati decisi a convincere i propri figli a non prendere decisioni irreversibili prima di aver indagato le cause originarie del disagio provato verso il proprio corpo.
Sul loro sito si può leggere il Manifesto con un messaggio rivolto alle famiglie e alla società per sostenere la loro causa. «Il nostro obiettivo con questa lettera aperta è quello di far conoscere a tutte le madri e i padri la realtà del contagio sociale della disforia di genere accelerata (conosciuta come DGIR) e le terribili conseguenze che il suo approccio può causare nel futuro». È evidente infatti che l’inflazionato aumento delle richieste dei trattamenti non dipenda da una disforia di genere quanto dall’ambiente e dall’influenza dei social, dove si offre ai ragazzini una soluzione a portata di mano per trovare accoglienza e riconoscimento e mascherando allo stesso tempo altre problematiche, quali mancanza di autostima, bullismo, disturbi alimentari o spettro autistico, che richiederebbero supporto psicologico e cura, piuttosto che il ricorso alla chirurgia o alle terapie ormonali.
«Vogliamo chiedere prudenza e cautela a tutti i gruppi politici dell’arco parlamentare quando si tratta di legiferare, sia a livello nazionale che regionale, per evitare che questioni acutifiche entrino a far parte dell’ordinamento giuridico con conseguenze molto gravi per l’infanzia e l’adolescenza», prosegue il Manifesto, «a differenza della classica disforia di genere, negli ultimi anni si è sviluppata, come nuovo fenomeno, la Disforia di genere ad avvio rapido (DGIR), un prodotto del contagio sociale, che si presenta improvvisamente nella pubertà e nell’adolescenza, fasi dello sviluppo della persona che si caratterizzano per la scoperta, tra le altre questioni, della propria sessualità e del posto che si occupa nel mondo. Questa forma di disforia di genere, insolita fino a pochi anni fa, è più comune nelle ragazze (7 casi su 10) e in alto grado tendono ad avere di fondo problemi sottostanti non trattati come autismo, ADHD, OCD, disturbi alimentari, ecc.».
«A Madrid, l’Unità di Identità di Genere ha visto un aumento delle richieste del 500% tra il 2017 e il 2019, la maggior parte delle quali da parte di ragazze molto giovani. In altri paesi, come la Gran Bretagna, questo aumento è stato del 4000% tra il 2009 e il 2018. Questo aumento avviene a livello globale», avverte Amanda, «diverse voci esperte, in molti momenti messe a tacere da interessi politici ed economici, avvertono che i minori sono molto influenzati dai contenuti dei social network, in particolare Instagram, YouTube e TikTok, con la presenza di personaggi creati espressamente in serie trasmesse su varie piattaforme di streaming in cui la disforia di genere è la spiegazione offerta di fronte a qualsiasi disagio. […] Questi adolescenti manifestano improvvisamente questo disagio, intendono costringere il loro ambiente a chiamarli con i nomi e pronomi scelti e chiedono l’inizio di trattamenti ormonali e chirurgici. Accettare questi cambiamenti, semplicemente, significherebbe, non solo una mutilazione, ma anche una medicalizzazione a vita di corpi sani in pieno sviluppo».
La menzogna sottesa a questo fenomeno viene denunciata apertamente da Amanda: «Sapete cosa è molto rilevante e di solito non viene detto a madri e padri? Che la DGIR si supera senza transizione medica in quasi tutti i casi alla fine dell’adolescenza con un adeguato sostegno familiare e professionale». Allora apriamo gli occhi sulla società che dà in pasto i corpi dei giovani pur di porsi «all’avanguardia in Europa», come afferma trionfante la Montero. Che poi come si faccia a parlare di “avanguardia” di fronte a corpi mutilati e aiuto psicologico negato ancora è da capire.
(Fonte foto: pagina Instagram amanda familias)
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