La scuola si sa, è sempre terreno di battaglia, per un motivo o per l’altro, per un partito o per l’altro. Non si svolgesse tutto sulla pelle dei bambini sarebbe anche divertente, come teatrino, quello a cui assistiamo. Soltanto due anni fa abbiamo discusso per tutta l’estate dei celeberrimi banchi a rotelle, creature mitologiche metà carrello della spesa, metà sgabello, che si è estinta durante l’ormai dimenticato Governo Conte. Quest’anno pare si dica definitivamente addio alla Dad, altra mostruosità metà farsa, metà patologia psichiatrica e metà asocialità.
Sì sono tre metà, ma ormai anche la matematica è solo un’opinione. Quante ne abbiamo lette. E quante ne abbiamo Letta, oggi, due anni dopo, quando a tenere banco – appunto – è l’ultima trovata del Pd dell’asilo obbligatorio, ops scuola materna obbligatoria, ops scuola dell’infanzia obbligatoria. Non certo una sorpresa estratta magicamente dal cilindro ma un vecchio cavallo di battaglia che si rinnova e sta al passo coi tempi, e si spinge oltre perché ora si discute dell’asilo nido obbligatorio, anzi di allungare l’obbligo dall’asilo nido fino alla fine della maturità, “fin che morte non vi separi”, verrebbe da dire.
Per convincere i più recalcitranti Repubblica aveva anche offerto ai suoi lettori un articolo a cura di Fabio di Todaro dal titolo «Mandare i bambini al nido? La soluzione migliore, anche per farli mangiare meglio». In sostanza il nido sarebbe «La soluzione migliore, anche per farli mangiare meglio.Cibo controllato e dosato. Con l’apporto energetico giusto. La presidente dei pediatri: “Così si garantisce anche un pasto adeguato a bambini meno abbienti”». Cioè invece di aiutare le famiglie che fanno fatica economicamente – ormai dire parecchie è dire poco – aiutiamo i bambini mangiando fuori casa.
Sul tema ha già riflettuto Giuliano Guzzo qualche giorno fa, e a confermare la natura ideologica del progetto è un piccolo, apparentemente insignificante paragrafo di un commento a firma di Chiara Saraceno e apparso su Repubblica. «L’ostilità – scrive riferendosi a chi si oppone all’estensione dell’obbligo, soprattutto negli asili – è motivata dalla rivendicazione di un diritto proprietario dei genitori sull’educazione, quindi anche sulle chance di vita, dei loro figli e figlie. Un diritto proprietario che finisce sia per ribadire le disuguaglianze e la loro riproduzione intergenerazionale, si cristallizzare differenze culturali e valoriali».
Diritto proprietario, si legge, che poi è il modo dispregiativo per definire il primato educativo che, purtroppo per la Saraceno, per Letta, per il Pd e compagnia cantante. Questo è il nodo, questo è il cuore, questa è la radice da estirpare, quel legame indissolubile, tenace e irreversibile del bambino con la sua famiglia, quel diritto naturale ad essere i suoi primi educatori quel senso di appartenenza reciproco che è proprio del nucleo primario della nostra società.
Dobbiamo ringraziare che non ci sono le possibilità economiche, organizzative, gestionali per uno strappo di questo tipo, non ora, non nel nostro Paese, ma occorre avere chiari i termini della questione, in ottica elettorale ma non solo. In gioco non c’è semplicemente un voto, la vittoria alle urne, un partito piuttosto che un altro, ma c’è una visione dell’uomo e della famiglia, così come dei suoi legami più sacri. L’unica cosa che sarebbe obbligatorio tutelare.
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