Per comprendere la posizione di Francesco nel conflitto in Ucraina è sufficiente, per chi vuol vedere, osservare il gesto compiuto ieri all’Aquila, dove il Papa è andato per aprire la Porta Santa voluta dal suo predecessore Celestino V. Né «cappellano dell’Occidente», né «filoputiniano», categorie interessanti per il dibattito giornalistico e politico, ma difficili da attribuire a papa Bergoglio che qui assume la postura del pontefice, ossia di colui che predica la pace tramite la via della conversione.
La festa della Perdonanza celestiniana, ossia l’indulgenza plenaria a quanti pentiti e confessati si recano nel luogo di culto dai vespri del 28 agosto a quelli del giorno dopo, voluta appunto dal suo predecessore nel 1294, è esattamente una festa che parla di conversione. «Sia un tempio del perdono», ha detto Francesco ieri nell’omelia pronunciata all’Aquila, «non solo una volta all’anno, ma sempre, tutti i giorni. È così, infatti, che si costruisce la pace, attraverso il perdono ricevuto e donato».
«Stiamo assistendo in questi mesi alla guerra in Ucraina», aveva detto Francesco nella sua intervista al quotidiano Il Centro venerdì scorso, «ma anche a tanti altri conflitti che non trovano abbastanza spazio nei mezzi di comunicazione ma che affliggono migliaia di persone e soprattutto di innocenti. Il male non si vince mai con il male, ma solo con il bene. Ci vuole più forza a perdonare che a fare una guerra. Ma il perdono ha bisogno di una grande maturazione interiore e culturale».
Le polemiche innescate dalla sua udienza di mercoledì, quando ha ricordato tutte le vittime innocenti della guerra, fra cui ha inserito anche Darya Dugina, la figlia del filosofo Aleksandr Dugin, saltata in aria sulla sua auto a Mosca, trovano qui all’Aquila l’unica prospettiva con cui essere valutate. Il Papa indicando anche Darya Dugina ha semplicemente detto che mai niente può giustificare l’uccisione di un essere umano, senza entrare nel merito del ruolo che Dugina e il padre possono aver svolto o svolgere nel sostenere l’aggressione russa.
Con le sue parole di ieri alla festa della Perdonanza celestiniana, Francesco ha ricordato che la guerra ha come origine profonda il peccato originale e questo ha una sola cura. Occorre, ha detto il Papa, partire «dalla propria miseria e guardare lì, cercando come arrivare al perdono, perché anche nella propria miseria sempre troveremo una luce che è la strada per andare al Signore. È Lui che fa la luce nella miseria».
Tutti gli esseri umani sono vittime della «pazzia della guerra» e la pace non è una bandiera arcobaleno, ma si costruisce con il ritorno a Dio attraverso il Cristo. Sembra un’arma spuntata di fronte alle potenze militari e politiche, quasi ingenua, ma è quella che ha in mano Francesco e che spiega le sue posizione sulla guerra in Ucraina meglio di mille altre speculazioni. Anche tra ucraini e russi l’unica via per fermare la tragedia è il perdono.
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