Adesso mettono le mani anche sul “genere” dei santi. Se pensavate d’averle viste tutte, è perché ancora non eravate a conoscenza della nuova commedia su Giovanna d’Arco: “I, Joan”. «Un grido di coraggio scoppia al Globe Theatre quest’estate con la premiere di I, Joan, una nuova commedia potente e gioiosa che racconta la nuova storia di Giovanna d’Arco», così il Globe annuncia lo spettacolo, una sorta di incubo di una notte di mezza estate.
La tradizionale commedia di fine stagione estiva del Globe ospiterà un dramma storico su Giovanna d’Arco, scritto dall’attore e drammaturgo – o forse dovremmo dire attor* e drammaturg*, visto che si definisce non binario, ma evitiamo – Charlie Josephine. Non si sa molto della trama, ma ciò che è certo è che lo spettacolo offrirà «un’esplorazione dell’identità di genere di Giovanna», citando dal sito del Globe, con la protagonista esplicitamente raffigurata come non binaria, col ruolo interpretato dall’attore non binario Isobel Thom.
Insomma, sembrerebbe che la presenza “cis” – come bisogna definire ora maschi e femmine come mamma li ha fatti – sia in minoranza, ma tanto si tratta di quella minoranza che non può e non deve offendersi, perciò nessun problema. E poi, parlo da componente di quel gruppo, non vi sembra che modificare il genere di una delle donne più famose della storia sarebbe come dire: “Le donne così come sono non possono guidare un esercito, essere forti o coraggiose”?
Lo spettacolo, tornando a noi, usa il pronome “loro” anziché “lui/lei”, proprio come fosse una nuova “etichetta” di cui nessuno sembra accorgersi. Il Globe riassume l’opera come segue: «Ribellandosi alle aspettative del mondo, mettendo in discussione il genere binario, Joan trova il loro potere e la loro convinzione si diffonde come il fuoco». Evidentemente grave, poi, il fatto che l’opera sfrutti la santa guerriera per la propaganda Lgbtq e via dicendo.
La storia vuole che durante la Guerra dei Cento anni si sentì chiamata da Dio a soccorrere il re di Francia e a cacciare gli Inglesi dal suolo francese. Giovanna, grazie al suo carisma straordinario, riformò l’organizzazione dell’esercito, motivandolo e imponendo uno stile di vita rigoroso fatto di allenamento, preghiera e confessione. Ma questo viene interpretato come la possibilità che la santa ha colto per sfuggire alle etichette di genere e vivere il proprio «spirito senza genere».
«Il Globe è un luogo di immaginazione. Un luogo in cui, per un breve periodo di tempo, possiamo almeno considerare la possibilità del mondo altrove. […] Speriamo che questo biglietto da 5 sterline inviti il maggior numero possibile di persone a venire ad avere un’opinione propria, e anche se non siamo d’accordo l’uno con l’altro, mostriamo comunque gentilezza, curiosità e rispetto», recitano le note allo spettacolo.
Sembra quindi che il teatro successore di Shakespeare si faccia carico della propaganda Lgbt ecc. per immaginare un mondo altrove – più reale di quanto si pensi – dimenticando così del tutto la funzione educativa del teatro. Interessante, a riguardo, un sondaggio riportato dal Times, di Londra, secondo cui gli inglesi ignorano la loro storia: «Un decimo pensava che Enrico VIII avesse otto mogli non sei e lo stesso rapporto credeva che Giovanna d’Arco fosse una di loro. Un terzo non si rende conto che Enrico ha istituito la Chiesa d’Inghilterra e il 54 per cento non ha idea che William Shakespeare fosse vivo nel periodo Tudor».
Da cattolici potremmo offenderci, potremmo sentire manipolata una figura così alta, canonizzata dalla Chiesa cattolica nel 1920, ma potremmo anche scorgere la triste ricerca di senso che abita l’uomo privo di una dimensione verticale che gli doni struttura e dignità. E, rivolgendoci a Charlie Josephine con nome e cognome, potremmo dirle che quando per affermare la propria verità si modificano la storia, la religione, il sesso, c’è qualcosa che dovrebbe emergere.
Una domanda sola. Una di quelle davvero trasgressive. Giovanna d’Arco, santa per la Chiesa cattolica, che cosa può dire – oggi – alle nostre vite? Se è vero che «i teatri non si occupano di “realtà storica”, come dice il Globe, ma prendono «figure del passato per fare domande sul mondo [attuale che ci] circonda», di fronte al disagio di non riconoscersi come Dio ci ha creati, che cosa accadrebbe se provassimo a prendere come meta per tutti, ma proprio tutti, la santità?
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