Il premier Mario Draghi lascia e il Presidente Sergio Mattarella scioglie le Camere. Finalmente si vota. Il bar Mario tira giù serranda dopo 523 giorni di attività, il “migliore” barista deve arrendersi. Ma la colpa forse non è tutta dei soci grillini, che pur hanno dato l’occasione giusta, né del centrodestra di governo, che non poteva accettare le parole pronunciate dal drago Draghi in Senato.
L’impressione è che il “migliore” lasci perché non voleva trovarsi in autunno a gestire un bar in sicura perdita, con clienti sempre più arrabbiati e con delle bollette allucinanti. Draghi tira giù serranda perché vuole salutare la combriccola. Bastava ascoltare ieri il suo discorso al Senato, pareva scritto per scontentare i soci di centrodestra, sicuro che a quelle condizioni non gli avrebbero potuto mai rinnovare la fiducia. Nonostante glielo avessero “chiesto gli italiani”, nonostante gli appelli del circolo delle bocce di Monte Corrado, nonostante le telefonate dal Colle e di là dall’Oceano e da Bruxelles. Nonostante tutto, il “migliore” ha davvero dato l’impressione di voler tirare giù serranda e chiudere il bar.
Quelli che piangono per la sua uscita, ché il Paese è nel baratro, ché la storia ci chiederà il conto, e cercano capri espiatori tra 5s e centrodestra di governo, potrebbero ragionare anche su questo: se fosse stato il barista a voler chiudere il bar? Gli hanno sabotato la scalata al Colle, allora Mario, il “migliore”, che al Quirinale aveva in mente un bel ristorante, altroché bar, ha trovato l’occasione gentilmente offerta dal socio Giuseppe Conte per salutare la compagnia.
Noi che di Messia ne abbiamo già uno, l’Unico, non ne facciamo una tragedia e sappiamo che passa la scena di questo mondo. Siamo sinceramente preoccupati per il nostro Paese, l’Italia, ma non da ieri, né dall’altro ieri. E siamo sufficientemente liberi per non dover tenere bandiera per nessuno, quindi salutiamo con favore il fatto che si dia voce agli elettori.
Un diciottenne di oggi, nato nel 2004, praticamente non ha mai visto in età da ragione un premier eletto dal popolo italiano. L’ultimo è stato Silvio Berlusconi, spintonato fuori con l’arma dello spread nel 2011, che peraltro ieri ha avuto un sussulto riportando Fi a prendere una posizione politica chiara. I 5s guidati dall’avvocato del popolo sono probabilmente ai titoli di coda, come lo è il transfuga Gigi Di Maio, rimasto ora come d’autunno sugli alberi le foglie. La Lega dovrà dimostrare di che pasta è fatta, visto che il suo elettorato negli ultimi anni si è un po’ disaffezionato. Fratelli d’Italia, sondaggi alla mano, dovrebbe passare all’incasso nelle urne e adesso dovrà dimostrare se davvero ha lo spessore. Il Pd di Letta e di governo, feudo dei “migliori”, sperava di arare un nuovo “campo largo”, ma i 5s mettono molte mine e probabilmente non se ne farà nulla. Al centro la solita variegata pattuglia, da Renzi a Di Maio, passando per Toti e Calenda… tutti personaggi in cerca d’autore.
La data del possibile voto anticipato viene indicato addirittura per il 18 o il 25 settembre o al più tardi in ottobre. Sarà ancora un teatrino o riusciremo a uscire dalla solita campagna per slogan e aria fritta?
Ha chiuso il bar Mario e non vorremmo trovarci come le stars a bere del whisky al Roxy bar, avremmo urgente bisogno di politici e non di baristi.
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