Pensavo fosse il Lercio e invece era un’agenzia di stampa. Vera. Per la precisione era un Adnkronos di lunedì alle 19:20, l’orario va annotato perché il testo deve rimanere negli annali anzi nei manuali di giornalismo. “«Draghi fa la differenza per tutto il Paese. L’Italia ha recuperato prestigio e credibilità con lui. Io che sono un barbone lo vedo, c’è un’attenzione verso di noi da parte dei servizi del Comune che prima non c’era ed è anche merito di Draghi». A parlare all’Adnkronos è Emanuele, un clochard che vive in piazza San Silvestro e che partecipa alla manifestazione a favore del presidente del Consiglio Mario Draghi organizzata a Roma”.
Che dire? Basterebbero queste righe per farsi un’idea dello stato dell’informazione oggi e relative riflessioni sulla democrazia e i rapporti di potere. Pensavo fosse un fake, comunque, perché da domenica sui social impazzano i meme sul proliferare degli appelli più o meno spintanei, che implorano Draghi di restare. Whatever it takes. Tra i primi a mobilitarsi con un appello scritto sono stati gli ordini professionali di medici, infermieri, psicologi, odontoiatri, radiologi, fisici, chimici, biologi, veterinari e ostetriche. Professioni sanitarie unite per chiedere che il salvatore della patria (ops, patria, no è una brutta parola) non ci lasci in questa valle di lacrime. Non adesso, almeno, scrivono, perché «non è tempo di una crisi al buio», qualunque cosa voglia dire.
Poi è stata la volta del famoso appello dei mille sindaci, rilanciato da tutte le testate. “Oltre 1000 sindaci scrivono a Draghi: «Resta»”, scrive il Corriere – e con lui tg e testate varie – dedicando ampio spazio ad una lettera aperta dei primi cittadini che pregano il premier dimissionario di ripensarci. Ci pare di vederli, i mille sindaci, sedotti e (quasi)abbandonati, come una qualunque Brooke Logan con Ridge, «seduti in una stanza pregando per un sì», per dirla alla Max Pezzali.
Peccato che la verità poi viene fuori, e a volte si è anche costretti a scriverla, visto che l’istituto della rettifica giornalistica ancora esiste. E così il Corriere di ieri dedica un trafiletto in cui il neo sindaco di Palermo Roberto Lagalla precisa – per bocca del suo ufficio stampa – di non aver firmato l’appello, nonostante il suo nome figurasse al numero 822 della lista. Una semplice svista? Ma allora le altre firme sono tutte vere? Verificabili? Non si sa, non è importante e soprattutto non conta, non c’è tempo, ora bisogna fare di tutto affinché Super Mario non ci lasci.
E così dopo gli appelli è stata la volta delle manifestazioni. Da Milano a Roma, da Torino a Firenze. In piazza ci sono proprio tutti, lo scrivono i giornali, giovani, anziani, di destra e di sinistra, perché un super eroe non conosce colore politico. C’è la foto di una donna avvolta in una bandiera dell’Europa, una donna avvolto nella bandiera dell’Ucraina, un bambino avvolto nella FFP2 con in mano un cartello: «Quando ero piccolo mi piacevano i maghi. Oggi inveve mi piace Draghi. Alle magie e alle favole non ci credo puù perciò al mio futuro pensaci tu».
Accanto a lui, sorridente, in posa, Maria Elena Boschi. Tutta l’artiglieria viene sfoderata e arrivano anche le truppe di sfondamento: il popolo dei draghiani (che sfida anche i 40 gradi all’ombra e disprezza il condizionatore) è ovviamente inclusivo, ci sono tutti: le Sardine, i Sentinelli, i Fridasy for future, le i circoli Arci, ma anche i circoli di burraco, quelli della sagra della tartufo, il club alpino di Lampedusa, ci sono persino le bimbe di Conte, oltre a nani e ballerine. Non manca più nessuno. Nemmeno i due leocorni.
Il livello di esaltazione collettiva è così fuori misura che persino Concita De Gregorio su La 7 ha dovuto ammettere che le mobilitazioni non erano poi tutte così spontanee. Per altro le immagini mostrano dei piccoli presidi, più che delle manifestazioni, un manipolo di irriducibili, ma le testate li presentano come fossero folle oceaniche tipo concerto dei Måneskin al Circo Massimo.
D’altra parte già lo scorso anno, quando Damiano & Co avevano trionfato all’Eurovision song contest la stampa nostrana, all’unanimità aveva scritto che il merito fosse del «miracolo Draghi». Perché Draghi non solo aggiusta tutto, fa anche trionfare il Bene. Ormai infatti non è più Super Mario, è direttamente San Mario, il processo di canonizzazione che si è celebrato in questi giorni a reti unificate, con Mattarella postulatore della causa, culminerà oggi nel suo discorso Urbi et Orbi, che farà rigorosamente dopo la fumata bianca e prima di chiedere la fiducia nonché la promessa di devozione ed eterna fedeltà.
Siamo così sicuri che domani ci risveglieremo in Paradiso?
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