Da dieci anni membro della Marina francese e capo del comando delle forze speciali Louis Saillans ha scritto Chef de Guerre, un libro che raccoglie la sua grande esperienza militare e che è destinato alla generazione più giovane. «I giovani vivono in un ambiente nichilista che uccide le loro ambizioni, i loro sogni e li lascia a terra», così sentenzia. L’Occidente ha fatto fuori i valori che nella vita militare sono ancora importanti: impegno, dedizione, onore, sacrificio e a risentirne è chi si affaccia alla vita adulta con paura e sconforto. Dopo la pubblicazione, molte scuole e associazioni hanno richiesto incontri con l’autore, che ha accettato volentieri per poter proseguire con quella che sembra essere la sua prossima missione militare: incoraggiare i giovani.
Il successo di questo libro parla da sé. Ci dice che cosa sta dietro alla ricerca smodata di libertà e anarchia: un limite. Quel tipo di limite che insegna a dare forma alla propria giornata, una direzione all’esistenza e un obiettivo alla vita. A cominciare da piccoli passi quotidiani, così consiglia Louis Saillans: «Porsi prima obiettivi molto piccoli, alla tua portata: rifare il letto la mattina, andare a letto e alzarsi presto, riordinare la stanza, vestirsi bene, arrivare in orario, sorridere, coltivare la cortesia. Sono piccole vittorie su se stessi che rafforzano la volontà, hanno un impatto positivo sulla vita e permettono di andare avanti a poco a poco».
Nell’immaginario comune la vita militare è piena di sacrifici, rinunce e fatica. E se c’è qualcosa a cui oggi un giovane sfugge è proprio questo: la responsabilità di vivere anche le fatiche e gli sforzi. Forse perché tutto viene presentato a portata di click o perché l’unico obiettivo rimasto sembra fare soldi facili e tirare a campare. Il risultato è un esercito di eterni adolescenti alla ricerca di like, successo e una vita in discesa. Incoraggia gli studenti a non rifiutare le responsabilità e a «non chiedere a Dio una vita più facile, ma spalle più larghe».
Ciò che è più elementare come rifarsi il letto o mettere in ordine il proprio armadio diventa così la chiave per una presa di responsabilità che abbracci tutta la vita e conduca il giovane in crescita a un’età che sia finalmente e realmente adulta. L’autore non assume la voce di una mamma che la domenica mattina sveglia i figli tornati all’alba ottenendo solo insulti, ma è piuttosto una voce fuori dal coro che trova forte risonanza. Il metodo che l’autore propone non è un insieme di rigide regole applicabili sono nell’ambito militare, ma diventa uno stile di vita graduale da attuare nel qui e ora che tanto va di moda oggi, ma che non si sa mai da dove cominciare.
«È accettando piccole responsabilità in famiglia, nella cerchia degli amici, nel quartiere che ci si prepara ad assumersi responsabilità sempre più grandi», va dritto al punto. L’intento dell’autore era scrivere la propria storia per «lasciare una traccia ai miei figli». Ma poi ha modo di riflettere sul senso più ampio di raccogliere la sua esperienza: «Mio nonno era nell’esercito e non so nulla di lui in questo periodo. Poi ho capito che avevo un messaggio più generale da trasmettere perché il militare, la cui professione è un modello di dedizione assoluta, può essere una figura di giovani in cerca di ideali».
E se pensiamo a un giovane stacanovista che entra nell’esercito come naturale conseguenza di un’indole naturale ci sbagliamo. Lui stesso afferma di non essere stato uno studente modello, ma di sentire nel profondo una chiamata che lo incoraggiava ogni giorno: «Servire, essere utile alla società». È sempre tempo di cominciare a crescere, questo vuole dirci.
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