Durante la sessione del Sinodo Generale, tenutasi a York dall’8 al 12 luglio scorso, qualcuno ha chiesto: «Qual è la definizione di donna della Chiesa d’Inghilterra?». Robert Innes, vescovo della Chiesa d’Inghilterra in Europa, ha così risposto per iscritto: «Non esiste una definizione ufficiale, che rifletta il fatto che fino a poco tempo fa si pensava che definizioni di questo tipo fossero evidenti, come si riflette nella liturgia matrimoniale». Lo ha riferito il Telegraph.
«Il progetto Llf (Living in love and faith) , tuttavia, ha iniziato a esplorare le complessità del matrimonio associate all’identità di genere e indica la necessità di ulteriori cure e riflessioni da dedicare alla comprensione dei nostri punti in comune e differenze come persone fatte a immagine di Dio», ha aggiunto. Vivere nell’amore e nella fede «fa parte del discernimento di una via da seguire per la Chiesa d’Inghilterra in relazione a questioni di identità, sessualità, relazioni e matrimonio», secondo il suo sito web.
La Comunione anglicana, di cui fa parte la Chiesa d’Inghilterra, è stata tesa negli ultimi anni riguardo la divisione sui problemi morali e sessuali. Nel 2018 la Chiesa d’Inghilterra ha pubblicato le linee guida pastorali per le liturgie riguardanti le transizioni di genere. Queste liturgie hanno lo scopo di affermare e celebrare il passaggio di una persona a un’identità di genere prescelta e di «riconoscere liturgicamente la transizione di genere di una persona».
Le linee guida già affermano che il battesimo è il «contesto liturgico naturale per riconoscere e celebrare l’identità [di una persona transgender] in Cristo e l’amore di Dio per loro» e incoraggia i ministri ad accettare e utilizzare «la preferenza di una persona transgender nel rispetto del suo nome e del suo genere (o altri) pronomi» nel battesimo di persone transgender. Ai battezzati della Chiesa d’Inghilterra devono essere offerti rituali appositamente adattati «per riconoscere liturgicamente la transizione di genere di una persona», affermano le linee guida.
Le linee guida rilevano che la Chiesa d’Inghilterra «accoglie e incoraggia le affermazioni incondizionate delle persone trans» e affermano che i servizi per riconoscere la loro nuova identità dovrebbero avere un «carattere celebrativo». Dunque la sconvolgente risposta del reverendo Innes non è stata un fulmine al ciel sereno, ma costituisce una nuova tappa della genderizzazione del mondo anglicano, sempre più arcobaleno.
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