Per gentile concessione delle Edizioni Messaggero Padova, pubblichiamo di seguito un estratto di Un luogo pieno di pace. I salmi: un cammino per tutti, libro di don Gianluca Attanasio, parroco a Torino presso la parrocchia di Santa Giulia, già autore di varie pubblicazioni.
La preghiera dei salmi si è diffusa nella Chiesa grazie ai monaci che ne recitavano i versi durante la giornata, imparandoli a memoria. Sono poi diventati il fulcro della preghiera dei sacerdoti e dei religiosi. Possono essere una preghiera anche per chi è sposato, ha figli e svolge lavori impegnativi? Questo libro, attraverso il commento di testi scelti e il racconto di alcune testimonianze dimostra come sia possibile sperimentare la bellezza della liturgia nella famiglia e in ogni ambito della vita quotidiana.
La sete di Dio
Il modo migliore per non disperdersi in mille preoccupazioni è cominciare la giornata immersi nel silenzio.
O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco.
Alzarsi prima dell’alba, pregare mentre sta sorgendo il sole, riempie di pace: tutto è avvolto nel silenzio e la luce dell’aurora svela pian piano la bellezza degli alberi, dei fiori, del cielo. L’anima, non ancora turbata dalle occupazioni che l’attendono, può gioire di ogni goccia dell’amore di Dio. Così, nella quiete mattutina, si concentra sull’unica cosa necessaria: la ricerca di Lui.
Di te ha sete l’anima mia.
In passato mi sono chiesto spesso dove fosse l’anima e come potessi essere sicuro di averla. Questi pensieri nascevano dal semplice fatto che, usandola poco, dubitavo della sua esistenza. Se gli uomini iniziassero a muoversi sempre su sedie a rotelle, finirebbero per sospettare di non avere le gambe, così, dimenticando l’anima, credono di essere fatti solo di carne e ossa.
Ma non è così: il corpo è abitato da un cuore capace di comunicare con l’eterno. Ecco perché ogni dubbio svanisce quando cominciamo a rivolgerci frequentemente a Dio.
A te anela la mia carne.
La lingua ebraica con il termine carne intende la totalità della persona. Non solo l’anima anela a Dio, ma ogni fibra del nostro essere.
Il dualismo di origine greca di cui siamo permeati induce a pensare che l’anima ha bisogno di Dio mentre il nostro corpo necessita di altro. In realtà le funzioni fisiologiche, che abbiamo in comune col resto degli animali, celano un profondo anelito all’infinito. Se non fosse vero, perché una cena con amici riempie di gioia, mentre mangiare in solitudine rattrista? Perché unirsi alla donna con cui si condivide tutto inonda di letizia, mentre con una prostituta non si fa la stessa esperienza? Eppure, dal punto di vista puramente materiale, si tratta degli stessi identici gesti.
Ecco perché Gesù, conoscendo i suoi discepoli più di chiunque altro, non si è limitato a dialogare con loro sul destino dell’anima, ma ha abbracciato la totalità della loro esistenza. La sua vita è piena di vicinanza immediata e tangibile agli uomini: con i peccatori, con i quali si siede a tavola, con i malati, di cui tocca i corpi mutilati, con i lebbrosi che prende per mano, con i bambini che abbraccia.
O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco,
di te ha sete l’anima mia,
a te anela la mia carne,
come terra deserta, arida, senz’acqua.
La preghiera irrora le radici celesti dello spirito e del corpo. Senza di essa cominciamo a inaridire. Perdiamo l’equilibrio e l’orientamento. Dimentichiamo di avere un’anima, mentre un’inquietudine sorda incupisce le giornate.
Al contrario, niente dona più gioia che abbeverarsi alle sorgenti spirituali della vita. «La sete esprime il desiderio di una cosa, ma un desiderio talmente intenso che noi moriamo se ne restiamo privi». (Santa Teresa D’Avila, Il cammino di perfezione, c. XXI.)
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