Si potrebbe cominciare questo articolo cercando di risalire alle radici della violenza, al perché dell’uso delle armi o alle soluzioni che potrebbero venirci in mente. Cercando di razionalizzare il possibile, mentre si annaspa nel fango della cronaca. Oppure possiamo semplicemente partire col dire i fatti, perché quando si nominano le cose, si dà loro una collocazione temporale e spaziale sembra di poter fare un po’ di chiarezza. Sembra.
Quello che si è consumato in Texas è uno dei peggiori massacri della storia degli Stati Uniti. Intorno a mezzogiorno di mercoledì 24 maggio un diciottenne ha aperto il fuoco nella Robb Elementary School di Uvalde, complesso di circa 600 studenti. in un primo momento si era parlato di 14 morti, ma il bilancio è peggiorato con il passare delle ore: sono 19 bambini morti e 2 insegnanti.
Il responsabile è Salvador Ramos, studente del liceo di questo complesso e che aveva frequentato l’elementari proprio tra i banchi dei bambini assassinati. Prima della strage, il giovane ha sparato alla nonna che pare avrebbe tentato di fermarlo, lasciandola poi sola in condizioni critiche. Ha poi avuto un incidente d’auto nei pressi dell’istituto e uscito fuori dalla macchina ha iniziato a sparare. Sul posto sono intervenuti agenti della polizia locale e di agenzie federali come l’FBI. L’assassino ha così iniziato una sparatoria con loro in cui è rimasto ucciso. Secondo quanto riferito da un alto funzionario del Dipartimento per la sicurezza interna, gli agenti si sono posti tra l’aggressore e i bambini per proteggerli. Uno degli agenti è rimasto ferito. È poi emerso che il giovane avesse acquistato due fucili d’assalto nel giorno del suo diciottesimo compleanno. Alcuni messaggi con degli amici testimoniano che avesse mostrato loro le foto delle armi.
Ancora è difficile ricostruire l’immagine di un volto che sembra assomigliare solo a uno dei tanti ragazzi che si affacciano alla vita adulta. «Un tipo silenzioso, che socializza poco», così viene descritto dal proprietario del ristorante dove Ramos lavorava. Ancor più difficile è immaginare il fardello che deve essersi portato dentro per arrivare a decidere di uccidere.
Le stragi nelle scuole sembrano perseguitare gli Stati Uniti sin dagli anni Sessanta e forse è bene chiedersi perché tutti rimangono scossi quando arriva la notizia e poi è il silenzio a regnare fino al prossimo massacro. «L’idea che un 18enne possa entrare in un negozio e acquistare un fucile è sbagliata», afferma il presidente Joe Biden a fianco della First Lady, «È il momento di trasformare il dolore in azione e agire sulle armi. Come nazione dobbiamo chiederci, in nome di Dio, quando ci opporremo alla lobby delle armi».
Il vescovo di San Antonio, monsignor Gustavo Garcia, esprime il suo dolore su Twitter e le sue sono parole che si elevano sopra tutti i commenti di condoglianze e sbigottimento, arrivati da Obama, Zelensky e via dicendo. Si appella alla preghiera di tutti e auspica di fare luce laddove le tenebre hanno oramai preso il sopravvento. «Dio abbia pietà dei nostri figli. Delle loro famiglie e delle loro comunità. Con un’altra sparatoria nel nostro Paese l’oscurità si fa densa. Aiutiamoci a vicenda per diffondere luce e calore. Che possiamo stare vicini. Le preghiere sono necessarie».
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