Pubblichiamo di seguito uno stralcio dell’omelia del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia in occasione della Messa dell’Annunciazione e della consacrazione al Cuore Immacolato di Maria di Russia e Ucraina compiuta in unione a papa Francesco venerdì 25 marzo (fonte: Patriarcato di Venezia)
di Francesco Moraglia*
«[…] Chiediamo a Dio il dono della pace ben sapendo che pace e diritto, pace e giustizia, pace e verità sono strettamente connessi – non si può volere l’una senza gli altri elementi – e che la pace è compromessa da ogni atto che va contro il diritto internazionale, che si traduce in forme di ingiustizia e semina morte tra gente innocente ed inerme (bambini compresi). E non può lasciare indifferenti o insensibili anche di fronte ai molti interrogativi che questa guerra, come d’altro canto ogni guerra, suscita.
Bisognerebbe rileggere e riflettere su quanto, con saggezza, il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa scrive – ad esempio al n. 500 – quando tocca tra l’altro le questioni della “guerra di aggressione intrinsecamente immorale”, delle condizioni per l’uso “lecito” della forza, del “diritto alla difesa” e dell’obbligo “a fare tutto il possibile per garantire la pace in tutto il mondo”.
Abbiamo tutti bisogno di mente, cuore e occhi nuovi per discernere i segni dei tempi e costruire i tempi nuovi, nuovi perché il passato, i paradigmi e le caratteristiche che segnavano l’Europa nel Novecento – secolo breve e terribile con i suoi totalitarismi e le sue guerre mondiali – sono e vanno consegnati alla storia, come avviene alla chiusura di un ciclo. Ma su di essi bisogna riflettere a lungo per evitare di ripetere, con modalità nuove, gli stessi errori che hanno determinato – con le due guerre mondiali che sono state come un’unica guerra mondiale in due tempi distinti – più di 70 milioni di morti. Si è pensato a ripartire esclusivamente da una logica umana – in prospettiva di un’influenza geopolitica, economica e (sia pure in misura minore) militare, privilegiando la scienza e la tecnica – e non si è dato spazio sufficiente per valorizzare la ricchezza della storia, della spiritualità e della cultura dei popoli che vi fanno parte e che rendono l’Europa unita, dall’Atlantico agli Urali per usare una nota ed efficace immagine, in una “vocazione di fraternità e solidarietà”. Tale immagine fu usata espressamente da Giovanni Paolo II (cfr. Discorso ai partecipanti al V Simposio del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, 5 ottobre 1982).
Lo stesso Papa, nell’esortazione apostolica Ecclesia in Europa, aveva ricordato a tutti i valori fondamentali del nostro continente – come l’affermazione della dignità della persona, l’importanza della libertà, il valore della ragione, il contesto di vita democratica, la distinzione tra politica e religione -, valori acquisiti anche e soprattutto attraverso le radici cristiane. Non vergogniamoci di dirlo, non abbiamo complessi di inferiorità. Certo, non sono le uniche: ci sono le radici di Atene, di Roma e dei popoli germanici. Ma pensare all’Europa senza le influenze e le aderenze cristiane sarebbe un falso storico. E, a proposito dell’allargamento dell’Unione Europea che stava avvenendo, osservava: “È da auspicarsi che tale espansione avvenga in modo rispettoso di tutti, valorizzando le peculiarità storiche e culturali, le identità nazionali e la ricchezza degli apporti che potranno venire dai nuovi membri, oltre che nel dare più matura attuazione ai principi di sussidiarietà e di solidarietà – parole oggi veramente profetiche – …l’unione non avrà consistenza se fosse ridotta alle sole dimensioni geografiche ed economiche, ma deve innanzitutto consistere in una concordia dei valori da esprimersi nel diritto e nella vita” (Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Europa, nn. 109-110).
Cari fratelli e care sorelle, da Venezia, città dell’incontro, dell’ascolto, dei cammini condivisi, città dei legami tra Oriente e Occidente, si levi allora – nel giorno ormai del suo compleanno n. 1601 – un grido e una preghiera di pace, in sintonia con i numerosi e accorati appelli di Papa Francesco che – anche in questi ultimi giorni – ha parlato della guerra come “una crudeltà disumana e sacrilega”, come “una sconfitta per l’umanità” perché, come avevano detto anche i suoi predecessori, “con la guerra tutto si perde, non c’è vittoria in una guerra, tutto è sconfitto”.
Invochiamo che si fermino al più presto i massacri in corso nella terra ucraina. Dio converta i cuori e purifichi le volontà in vista della pace. […]»
*Patriarca di Venezia
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