La manovra incessante delle «divisioni» del Papa per conquistare una «riconciliazione» tra Russia e Ucraina prosegue senza sosta. Francesco bombarda la pace fin da quel 25 febbraio, in cui attraversò piazza San Pietro per andare in via della Conciliazione all’ambasciata russa. Le sue “truppe”, schierate nel mondo, seguono la linea della Santa Sede per una soluzione di negoziato che porti al «cessate il fuoco».
Quella del Papa non è una posizione utopica o cerchiobottista, né di qua, né di là, ma l’unica posizione possibile perché innanzitutto «tacciano le armi» di fronte alla «tragedia della guerra», come l’ha definita nel messaggio inviato per l’apertura delle Giornate Sociali Cattoliche Europee a Bratislava in programma dal 17 al 20 marzo.
L’apice di questa azione diplomatica, umanitaria e spirituale messa in campo dal Vaticano è stato raggiunto con due atti, l’incontro in video conferenza di mercoledì scorso del Papa con il Patriarca della chiesa ortodossa russa Kirill e l’annuncio che venerdì 25 marzo Francesco consacrerà all’Immacolato Cuore di Maria la Russia e l’Ucraina. Per questa consacrazione di portata storica, che parallelamente avverrà anche a Fatima, il Papa ha invitato i vescovi di tutto il mondo e i loro presbiteri a unirsi a lui.
Preghiera e ecumenismo, diplomazia e politica, nulla vuole lasciare di intentato Francesco. Fin dal primo incontro con l’ambasciatore russo presso la Santa Sede, ha detto ieri il Segretario di stato Pietro Parolin a Vida Nueva, «siamo sicuri che quanto ha detto all’ambasciatore è stato subito riferito al presidente Putin». Il Patriarca Kirill che con due interventi recenti, il 6 marzo in un sermone, e il 10 marzo con una lettera al segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, aveva di fatto trovato una sorta di “giustificazione” all’atto militare russo scaricando sull’Occidente la responsabilità di quanto sta accadendo, mercoledì si è sentito dire da Francesco che «la Chiesa non deve usare la lingua della politica, ma il linguaggio di Gesù». Parole forti, soprattutto se pensiamo a quanto Francesco tenga al processo di avvicinamento con le chiese ortodosse e con la chiesa ortodossa russa in particolare. Proprio con Kirill nel 2016 ci fu lo storico incontro a l’Avana con la firma di una dichiarazione congiunta tra i due.
Con Kirill mercoledì il Papa è tornato su di un tema già accennato nella sua enciclica Fratelli tutti e che in questi giorni ha più volte ribadito. «Un tempo si parlava anche nelle nostre Chiese di guerra santa o di guerra giusta. Oggi non si può parlare così», ha detto Francesco. «Non esistono le guerre giuste: non esistono!». Ma questo non ha impedito al cardinale Parolin di dichiarare al giornale spagnolo Vida Nueva che «approva tristemente la consegna di armi all’Ucraina nel contesto della legittima difesa della propria vita, del proprio popolo e Paese», aggiungendo che ciò non impedisce la ricerca prioritaria di «una soluzione negoziata che metta a tacere le armi ed eviti una escalation nucleare».
Le parole di Francesco sul fatto che «non esiste una guerra giusta» e le ragionevoli risposte di Parolin sulle armi per la legittima difesa sono solo apparentemente in contraddizione. Peraltro lo stesso Francesco sull’aereo di ritorno dal suo viaggio apostolico in Corea del Sud nel 2014 diceva che «dove c’è un’aggressione ingiusta, posso soltanto dire che è lecito fermare l’aggressore ingiusto. Sottolineo il verbo: fermare. Non dico bombardare, fare la guerra, ma fermarlo. I mezzi con i quali si possono fermare, dovranno essere valutati. Fermare l’aggressore ingiusto è lecito. Ma dobbiamo anche avere memoria! Quante volte, con questa scusa di fermare l’aggressore ingiusto, le potenze si sono impadronite dei popoli e hanno fatto una vera guerra di conquista! Una sola nazione non può giudicare come si ferma un aggressore ingiusto».
La priorità della Santa Sede in Ucraina è una e una soltanto: «fermare subito le armi e aiutare la gente», come ripetono a microfoni spenti dalla sacre stanze. Il Papa disse al sociologo francese Dominique Wolton, in un libro del 2017, che non gli piace usare la parola «guerra giusta», «Si dice: ‘Io faccio la guerra perché non ho altra possibilità per difendermi’. Ma nessuna guerra è giusta. L’unica cosa giusta è la pace”».
Il Catechismo prevede alcune condizioni perché si possa parlare appunto di “guerra giusta”, ossia, in sintesi, la proporzionalità della violenza, la discriminazione fra combattenti e non combattenti, la giusta causa, la retta intenzione e la speranza di vittoria, ma già Pio XII nel 1954 di fronte ai pericoli di armi nucleari, chimiche o batteriologiche metteva in guardia dalla via strettissima di una possibile legittimità del loro utilizzo “giusto”. Il cardinale Alfredo Ottaviani (1890-1979), grande prefetto dell’ex Sant’Ufficio, riteneva che nella guerra moderna non potessero mai verificarsi le condizioni teoriche affinché si potesse avere una proporzionalità verso il fine morale che la guerra “giusta” dovrebbe perseguire.
Le «divisioni» del Papa restano impegnate chiaramente contro la guerra e «l’inaccettabile aggressione armata» della Russia, ma lo fanno consapevoli che, per usare ancora parole di Francesco, «una guerra sempre – sempre! – è la sconfitta dell’umanità, sempre». (pubblicato sul quotidiano La Verità edizione del 19 marzo 2022)
Riceverai direttamente a casa tua il Timone
Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone
© Copyright 2017 – I diritti delle immagini e dei testi sono riservati. È espressamente vietata la loro riproduzione con qualsiasi mezzo e l’adattamento totale o parziale.
Realizzazione siti web e Web Marketing: Netycom Srl