Pubblichiamo di seguito una nostra traduzione di lavoro di un ampio stralcio dell’editoriale pubblicato ieri sul quotidiano francese Le Figaro da Jean-Marie Le Méné, presidente della Fondation Lejeune e membro dell’Accademia pontificia per la vita
di Jean-Marie Le Méné
Due testi creano confusione sul suicidio assistito di cui si discute in Italia in questo momento. Il primo è un articolo di padre Carlo Casalone, gesuita, pubblicato il 15 gennaio sulla rivista Civiltà Cattolica, dal titolo “Il dibattito parlamentare sul suicidio assistito”. La seconda è una rubrica della signora Marie-Jo Thiel pubblicata il 31 gennaio sul quotidiano Le Monde e dal titolo “La Chiesa cattolica potrebbe sostenere una legge che offra un quadro ristretto per il suicidio assistito in Italia”.
Perché questi articoli sono confusi? I loro firmatari sono entrambi membri della Pontificia Accademia per la Vita e concordano sul fatto che le loro rispettive affermazioni sono in contraddizione con la dottrina della Chiesa. Da un articolo all’altro, il caso italiano porta a una generalizzazione che anticiperebbe un capovolgimento della Chiesa universale sul suicidio assistito. Non ci vuole altro perché il quotidiano La Croix titoli: “Suicidio assistito, la svolta strategica del Vaticano sulla bioetica”. […]
Ma il fatto che le persone si esprimano a titolo personale è una cosa. Altro è il fatto che le loro cariche impegnano ufficialmente a vita la pontificia accademia per la vita.
Il secondo punto è il più importante. Permettiamo all’autore di queste righe, membro della Pontificia Accademia a vita, di togliere il dubbio. È chiaro che gli accademici non sono stati consultati e questa è una fortuna. Voluta da Papa Giovanni Paolo II e creata con il professor Jérôme Lejeune che ne assunse la prima presidenza, l’Accademia non può per definizione sostenere proposte contrarie al magistero della Chiesa in un campo dove – peraltro – trasmette solo sapienza secolare. In effetti, il rispetto della vita umana assunto dalla Chiesa è una regola d’oro che precede largamente la rivelazione cristiana. Il comando negativo di non uccidere risale al Decalogo per i credenti. Esiste anche per i non credenti. Si consideri, ad esempio, il giuramento di Ippocrate – 400 aC. Non uccidere il prossimo è una delle leggi non scritte, ma inscritta nel cuore dell’uomo. Né l’Accademia, né la Chiesa cattolica hanno il minimo potere su questo principio fondatore.
Resta una parola da dire su questi due testi. L’articolo di padre Casalone ritiene che il suicidio assistito possa essere usato come mezzo per bloccare la legalizzazione dell’eutanasia. Fingere che il male minore sfugga al peggio. Il seguito è inevitabile. Quando tolleriamo, è già troppo tardi. Il colmo è invocare papa Francesco che è sempre stato chiaro. Il 9 febbraio, all’udienza generale, ha ricordato ancora: «dobbiamo accompagnare fino alla morte, ma non causare morte, né aiutare in nessuna forma di suicidio». Inoltre, è fuorviante dare un’interpretazione personale di quanto insegna la Chiesa in termini di “leggi imperfette”. L’Enciclica Evangelium vitae (articolo 73) specifica che il voto di una legge più restrittiva è legittimo in sostituzione di una legge più permissiva, ma solo se tale legge è già in vigore. Non c’è dunque collaborazione con una legge iniqua, ma, al contrario, una limitazione dei suoi effetti. Nel caso del suicidio assistito il ragionamento non funziona poiché si tratterebbe di creare deliberatamente una cattiva legge per evitarne un’altra, a venire, che sarebbe peggio. Eppure il suicidio assistito è già una forma di eutanasia. E la legge che dovrebbe essere evitata arriverà ancora più velocemente. Niente e nessuno impedirà il prolungarsi della trasgressione iniziale che invita la medicina a procurare la morte. Poiché la supervisione dell’aborto è un’illusione, lo sarà anche quella dell’eutanasia.
Quanto all’articolo della signora Thiel, essa apporta un sostegno francese all’ingerenza dei gesuiti nella politica italiana e stigmatizza «i partigiani della santificazione assoluta della vita [che] fanno di tutto per criticare e condannare». Mentre padre Casalone non ha menzionato la sua appartenenza all’accademia per la vita, la signora Thiel ritiene di dover fare questa precisazione per lui e per lei. Sarebbe stato più rispettoso non compromettere la Pontificia accademia per la vita. I suoi membri, statutari difensori della vita, non vogliono che nessuno immagini la Chiesa che pone la prima pietra dell’eutanasia in Italia. Né altrove.
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