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3.12.2024

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Frecce velenose sulla testa di Ratzinger. Le domande del vescovo Oster
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2 Febbraio 2022

Frecce velenose sulla testa di Ratzinger. Le domande del vescovo Oster

Non c’è materia più schifosa per agitare il cosiddetto «panico morale» di quella degli abusi perpetrati da chierici. Fermo restando che non c’è delitto più grave di quello di un abuso su di un minore, chiunque lo compia. Anche uno è di troppo. Ma ciò che accade in Germania, e nella chiesa cattolica tedesca in particolare, nei confronti del papa emerito Benedetto XVI, è veramente sintomatico anche di un’altra malattia.

Gli anni di Monaco dal 1982 ad oggi, così come le sofferenze delle vittime degli abusi, sono quasi degradati a una nota a piè di pagina nel famoso report che mette alla gogna anche Joseph Ratzinger. Tutti, i media, i teologi e purtroppo anche i vescovi tedeschi, sono eccitati per capire se un erroneo ricordo di un incontro di 42 anni fa debba essere considerato un errore o se debba essere punito come una menzogna e una falsa affermazione di un papa.

Il vescovo di Passau (foto in alto), monsignor Stefan Oster, in questi giorni ha pubblicato sul suo sito web una nota interessante (qui una traduzione integrale in italiano), in cui fa notare che nella biografia di Peter Seewald su Benedetto XVI, pubblicata nel 2020, era già scritto che l’arcivescovo Joseph Ratzinger era presente all’incontro del 1980, quando arrivò l’ammissione da parte del prete abusante H.

«L’Arcivescovo acconsentì affinchè H. potesse sottoporsi a una terapia a München», spiega Oster. «Le ricerche di Seewald avevano già rivelato la presenza e il contributo di Ratzinger. Ciò significa però che il coinvolgimento di Benedetto in questa vicenda fatale è stato documentato pubblicamente già da molto tempo, ossia da prima che il Dr. Ulrich Wastl presentasse all’opinione pubblica questa partecipazione come una novità. Allo stesso modo era noto che in questa seduta non si trattava dell’immissione di H. nella cura d’anime, bensí soltanto del suo soggiorno a München per la terapia».

Secondo Oster l’errore presente nelle 82 pagine del memoriale che Benedetto XVI ha fatto avere all’ufficio legale di Monaco che ha redatto il report sugli abusi, errore che ha costretto il papa emerito ha correggere quel punto sollevando ulteriore fango, dimostra la superficialità di chi ha consigliato Ratzinger nella stesura di quella difesa. «La correzione che, a breve giro di posta, Benedetto ha emanato a tal riguardo, col riferimento a una “dimenticanza” nel corso della “lavorazione redazionale”, rende chiaro che il 94enne Papa Emerito si è affidato a collaboratori che su un punto decisivo hanno commesso un errore capitale», scrive il vescovo di Passau. «Dal mio punto di vista, l’intenzione evidente di questa impostazione era quella di far apparire – con tutti i possibili mezzi giuridici e contro ogni possibile accusa – il papa emerito (e il suo ufficio) il piú irreprensibile possibile. Purtroppo però un simile tentativo oggi può funzionare poco o nulla – specialmente dopo le nostre acquisizioni in materia di abusi: troppi erano e anche tutti noi siamo parte di un sistema – e ai suoi tempi anche l’arcivescovo Ratzinger lo era».

Quindi ecco una pirotecnica serie di domande che monsignor Oser si pone e che non possono essere eluse se si vuol capire fino in fondo la vicenda ripugnante degli abusi e anche chi in qualche modo, persino dentro le sacre mura, potrebbe cavalcarla per fini diversi da quelli indicati dalla parolina alla moda accountability, responsabilità.

«A questo punto vorrei chiedere: se voi e io vogliamo intimamente bene a una persona e vediamo che è accaduto un errore circa il quale quella persona ha una responsabilità (a che punto essa si spinga resta da vedere), lo esporremmo perciò alla gogna, come sta facendo gran parte dell’opinione pubblica dentro e fuori dalla Chiesa, arrivando perfino alla (a mio parere oltraggiosa) richiesta di rinunciare alle cittadinanze onorarie? Quali motivi sorreggono un simile accanimento contro un uomo arrivato a questo punto della sua vicenda terrena? Non sarà che Benedetto dà fastidio? Se sì, perché? Non sarà che si vuole investire la Chiesa intera investendo uno dei suoi più eminenti protagonisti? Non sarà che all’interno della Chiesa si vuole screditare con Benedetto una certa immagine di Chiesa, una sua concezione, perché si vuole una Chiesa completamente diversa da quella che egli rappresenta? E si rende davvero giustizia alla persona, all’uomo, pronunciando contro la sua vita un giudizio morale così frettoloso nella scia di un’opinione pubblica aizzata e di una visione morale dominante? Oppure è solo l’ennesimo esempio dell’inarrestabile sceneggiata di indignazioni mediatiche a puntate, buono per oggi e domani… e poi dopodomani ce ne sarà un altro?».

Volano le frecce sulla testa di Joseph Ratzinger, ma alcune sono molto velenose, scoccate da chi, soprattutto in Germania, ma anche a Roma, ha un’ostilità radicata nei confronti del teologo, dell’ex prefetto della Dottrina della fede e del Papa. Contro la sua persona, la sua teologia, la sua visione della Chiesa e del mondo. Se la schifosa questione degli abusi vuole davvero essere sradicata dalla Chiesa è stato scelto il capro espiatorio sbagliato, ma non a caso.

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