Quando scompare un sacerdote che ha svolto il suo ministero per tanti anni magari in ambiti particolari, o si è distinto per opere singolari, è quasi d’obbligo ricordarlo con una pubblicazione. È questo il caso di don Marco Barbetta (1937- 2019), protagonista del libro DON BARBETTA, Un padre con cuore di fanciullo, ed. Itaca 2021. Non si tratta però della consueta e distaccata introduzione alla vita e all’opera di un personaggio, ma di comprenderne l’attualità nella convinzione che il suo vissuto possa ancora parlarci e farci da guida.
Si comincia con un vivace quadro biografico: Marco è milanese, appartiene a una famiglia profondamente cristiana che lo indirizza fin da piccolo all’esperienza educativa dell’oratorio e dell’Azione Cattolica. Bambino curioso, che si va aprendo progressivamente dal suo quartiere di periferia agli orizzonti del mondo. Prima e dopo la laurea in chimica e l’avvio di una promettente carriera in università, il suo impegno nella GIAC diviene sempre più coinvolgente e significativo. A un certo punto decide di entrare in seminario.
A un amico che gli chiede le ragioni di tale scelta, Marco scrive questo memorabile biglietto:
«Il motivo per cui sono qui è proprio quello del rapporto con le persone: più precisamente quello dell’inadeguatezza, della continua tensione, che caratterizzano questa esperienza. L’essere per gli altri, che vuole l’essere con gli altri, non si realizza mai a sufficienza: un ‘di più’ ci interpella continuamente e ci fa dire che noi non bastiamo. La sensazione di essere dei soli, dei diversi, della gente con un vuoto terribile dentro la vita da riempire con ‘gli altri’, è una sensazione che resta anche nell’attività più frenetica, nella dedizione più appassionata, nel rapporto più intenso e approfondito, e che finisce per chiamare ad altro. […] Tutto ciò si realizza pienamente per la presenza di Cristo nella Chiesa, come luogo della comunione più radicale tra gli uomini; dedicarsi totalmente a questo mi pare possa trovare realizzazione nel fare il prete. Eccomi qui!».
Ordinato sacerdote nel 1972, dopo alcuni anni si trova a essere assistente degli universitari di Comunione e Liberazione a Città Studi, e poi parroco di san Pio X, la chiesa che guarda la monumentale e storica sede del Politecnico di Milano. Piazza Leonardo da Vinci e la chiesa sono un “crocevia”, luogo di continuo passaggio di frotte di studenti per i quali don Marco diventa spesso un punto di riferimento.
Non stupisce che il volume, curato da don Simone Riva presenti una gran mole di testimonianze: documentano l’indefessa capacità di incontro di Barbetta, la sua passione per il destino delle persone, la sua volontà di collaborare alla costruzione della chiesa e del mondo, che lo portano a seguire e a coinvolgersi con diversi tipi di esperienze, dalla rivista scientifica Euresis alla Fraternità sacerdotale San Carlo Borromeo, solo per citarne due.
Ecco allora che vediamo snodarsi interventi di persone, ormai mature, che l’hanno avuto negli anni come confessore e padre spirituale, come collega nell’insegnamento al liceo, come compagno di battaglie civili, come amico nelle vicissitudini personali e familiari. In tutti questi casi don Barbetta è stato un grande educatore e riesce ancora adesso a insegnarci che cosa significa educare, non solo con le risposte giuste, ma anche con le domande, con i silenzi, con la misurata ironia.
Appropriato il sottotitolo del libro, con un cuore di fanciullo, perché don Marco certo non chiude gli occhi di fronte alla drammaticità della situazione umana, ma indica un cammino. La semplicità del fanciullo l’ha vissuta in modo sorprendente nell’ultimo periodo della sua vita, quello segnato dalla malattia, e dalla acuta consapevolezza – può sembrare sin troppo banale – che il mondo non lo salviamo noi, ma si salva attraverso il nostro abbandono totale.
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