Sarà un Natale all’insegna del politicamente corretto? Come noto, l’Avvento ha appena avuto inizio, al 25 dicembre mancano ancora diverse settimane, ma lo spiacevole dubbio si pone. Non solo per la scelta di Posten Norge – il servizio postale norvegese – di diffondere un surreale spot con Babbo Natale in versione gay, ma anche perché pare ci sia la volontà, ai massimi vertici istituzionali, di agire all’insegna della scristianizzazione.
Lo prova #UnionOfEquality. European Commission Guidelines for Inclusive Communication, documento riservato scovato da Francesco Giubilei per IlGiornale.it contenente i criteri da adottare per i dipendenti della Commissione europea in tutto ciò che è comunicazione interna ed esterna. Ebbene, in tale documento, tra le varie cose, si invita ad «evitare di considerare che chiunque sia cristiano» dato che «non tutti celebrano le vacanze natalizie» e «bisogna essere sensibili al fatto che le persone abbiano differenti tradizioni religiose».
Non è finita. In omaggio a quell’inclusione che è il mantra del politicamente corretto, in questo memorandum si invita a non utilizzare la frase «il periodo natalizio può essere stressante», cui sarebbe preferibile «il periodo delle vacanze può essere stressante». La volontà di eliminare il cristianesimo che si spinge ancora oltre con la raccomandazione di usare nomi generici invece di «nomi cristiani»; perciò, invece di «Maria e Giovanni sono una coppia internazionale», meglio dire «Malika e Giulio sono una coppia internazionale».
Anche se non si sono spinti ai livelli dei governanti di Langfang – città cinese da 4 milioni di abitanti i cui amministratori, quest’anno, hanno bandito in blocco tutto ciò che sia natalizio -, gli spin doctor di Bruxelles hanno insomma redatto un vero e proprio manuale con cui, tra le altre cose, neutralizzare il Natale, rendendolo un evento fra tanti, un semplice «periodo delle vacanze».
Beninteso, nessuno si aspettava che in seno alla Commissione europea spirasse un vento di forze devozione e attaccamento al cristianesimo. Dopotutto, dal gran rifiuto di richiamare le radici cristiane nel preambolo del Trattato Costituzionale europeo – così come chiedeva a gran voce San Giovanni Paolo II – in poi, è purtroppo noto quale aria tiri in Europa, all’insegna del laicismo.
Ciò nonostante, non si può non restar colpiti dalla deliberata volontà di snaturare o censurare il Natale all’insegna dell’«inclusione». Per un motivo semplice: il Natale, in quanto tale, è già l’evento inclusivo per eccellenza! E questo si badi, da sempre, a partire da quanto accadde 2.000 anni fa, allorquando, tra i primi testimoni della nascita di Gesù Bambino, come noto, ci furono dei pastori. Ebbene, non è ozioso ricordare come i pastori di cui parla il Vangelo – assai lontani dall’idea poetica e bucolica che se ne ha oggi – non godessero di alcuna considerazione sociale. Anzi, al tempo erano figure borderline, viste male, oggi si direbbe poco raccomandabili.
Eppure, lo si ripete, furono loro i primi che la Provvidenza mise al cospetto di Gesù Bambino. Un dettaglio per nulla marginale e che dovrebbe far riflettere tutti – dai signori di Posten Norge ai politici di Langfang fino, naturalmente, ai vertici di Bruxelles – sul fatto che non c’è bisogno alcuno di rendere «inclusivo» il Natale. Lo è già. La vera urgenza, semmai, è un’altra, ovvero mettersi in cammino verso la mangiatoia dove verrà al mondo Gesù.
Del resto, per l’appuntamento con il Salvatore non sono richiesti inviti esclusivi né si bada a requisiti come l’identità, le convinzioni politiche, l’appartenenza etnica o altro. Ciascuno di noi è insomma atteso. Anche, lo si ripete, coloro che stanno facendo di tutto di più per censurarlo, il Natale. Senza rendersi evidentemente conto di quanto Amore e quanta Bellezza rischiano di perdersi.
Aggiornamento delle ore 12.30:
Che le linee guida sulla “comunicazione inclusiva” elaborate dalla Commissione Ue – che sconsigliavano il solo parlare del Natale e l’uso esemplificativo dei nomi cristiani – fossero un pasticcio era palese, e non solo per i lettori del Timone. La polemica è montata fino alle alte sfere istituzionali. Prova ne è il dietrofront odierno della maltese Helena Dalli, commissaria europea all’Uguaglianza nella Commissione Ue la quale ha da poco comunicato il ritiro proprio di quelle linee guida. «L’obiettivo era illustrare la diversità della cultura europea», ha dichiarato, «ma non abbiamo raggiunto lo scopo. Ora riscriveremo il documento». Un plauso per aver riconosciuto, una volta tanto, lo scivolone, ancorché macroscopico. Tuttavia un dubbio resta: ma le bozze di quel documento erano state lette? Chi le aveva ritenute decenti? Misteri europei.
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