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L’asterisco, il liceo torinese e quella distanza inesorabile col mondo reale
NEWS 23 Novembre 2021    di Raffaella Frullone

L’asterisco, il liceo torinese e quella distanza inesorabile col mondo reale

A volte la realtà supera la fantasia. La notizia era già surreale di per sé, per di più La Stampa – un quotidiano a caso, ma simili toni di giubilo si sono sprecati più o meno su tutte le testate mainstream – ci aveva messo il carico raccontandola così: titolo, «Rivoluzione al Cavour: d’ora in poi nelle comunicazioni si userà l’asterisco invece che femminile e maschile», incipit del testo: « Il liceo Cavour, primo classico di Torino nelle classifiche sulle performance degli studenti oltre che colonna storica dell’istruzione torinese, ha deciso di fare un passo avanti nelle questioni di genere: nelle comunicazioni ufficiali non utilizzerà più sostantivi e aggettivi connotati, ma l’asterisco. In altre parole, non più “studente”, ma “student*”, non “iscritti”, ma “iscritt*”, non “ragazzi” ma “ragazz*».

Che dire, mai più senza, se non fosse tragico sarebbe senza dubbio comico, potremmo derubricarlo al genere fantascienza demenziale e andare oltre, ma il giorno successivo sempre il quotidiano torinese riesce nella mirabolante impresa di superarsi e in un editoriale a firma di Francesca Paci mette nero su bianco quanto segue: «Diranno adesso che è l’estrema deriva del politicamente corretto. Qualcuno lo farà, se non l’ha già fatto. Evocheranno l’infiltrazione occulta della teoria gender. I più raffinati tra i conservatori che si considerano avanguardia additeranno la cancel culture, la globalizzazione, l’individualismo neoliberista e le lobby delle minoranze, Soros (che non guasta mai) e pure i Maneskin. Denunceranno la minaccia del futuro e invece è tutto già passato, siamo noi che guardandoci ogni giorno nello specchio dei nostri figli ci accorgiamo di essere cambiati solo nel momento in cui un’istituzione come la scuola codifica il cambiamento. E allora c’è chi respira di sollievo, chi si rallegra, chi panica. La chiamano “scrittura inclusiva” e sembra letteratura buonista, ma è l’ultima frontiera dell’esistenzialismo, il linguaggio come filosofia dell’home qui marche irripetibile, sfaccettato, precario. L’Italia procede a strappi, il liceo Cavour avanti e la legge a seguire, rallentata da ostruzionismo ideologico e polemiche». Fa già ridere così. Peccato che la cosa accada davvero e per di più in una scuola, come se il livello culturale dei nostri studenti non fosse già sufficientemente desolante e necessitasse di ulteriori colpi di grazia.

Senza scomodare Soros, disturbare i Maneskin o chiamare in causa la cancel culture, che apparirebbero quasi discorsi sottili, forse potremmo sentire la Sciarelli per chiederle di provare a rintracciare il buon vecchio Buon Senso, scomparso da tempo immemore senza che nessuno faccia denuncia o peggio ancora senta la sua mancanza. Forse l’unico che varrebbe davvero la pena citare è Chesterton quando diceva: «Noi ci ritroveremo a difendere non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto».


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