Il Centro Culturale di Milano, una luce che da quarant’anni illumina il panorama culturale della città, l’11 novembre scorso ha organizzato un riuscitissimo ed emozionante incontro sulla figura di Takashi Nagai, medico di Nagasaki la cui vicenda personale si intreccia con la tragedia della bomba atomica. In occasione della traduzione del libro Pensieri dal Nyokodō, sotto la guida sapiente di Camillo Fornasieri, direttore del Centro Culturale (oltre che condirettore della Scuola di Scrittura Creativa intitolata a Flannery O’Connor), si sono intervallati gli interventi appassionati del cardinale Angelo Scola, arcivescovo emerito di Milano, e di monsignor Joseph Mitsuaki Takami, arcivescovo di Nagasaki.
Protagonista della serata, però, è risultato essere un laico, Gabriele Di Comite, presidente dell’associazione Amici di Takashi e Midori Nagai e traduttore del libro.
Di Comite ammette di essere stato conquistato dalla figura del medico giapponese, di cui è in corso la causa di beatificazione, con la lettura, nel 2018, del libro di Paul Glynn (Pace su Nagasaki. Il medico che guariva i cuori), da lì il suo impegno a curare, insieme ad alcuni amici, una mostra su Takashi Nagai per il Meeting di Rimini, visitata, nel 2019, da oltre quindicimila persone.
Durante la serata, Gabriele Di Comite, ha penetrato con rara finezza alcuni aspetti della vita del medico giapponese nato nel 1908 in una famiglia di stretta osservanza shintoista. «L’apertura della sua ragione», innanzitutto. «Fin da bambino, per cui ben prima di conoscere la fede cattolica, – ha spiegato il relatore – Takashi Nagai ha sempre avuto un’insaziabile fame di verità, insieme ad una chiara percezione che questa corrispondesse anche alla bellezza. Al fondo, per lui, c’era un’indomabile ricerca del vero, ed è stata questa sua umanità così profonda, come una ferita che aveva bisogno di trovare una risposta, il motore che l’ha portato avanti malgrado tutto». Quindi una accenno illuminante alla figura di Midori, sposa cristiana di Takashi, colei che lo ha avvicinato alla fede (dopo che la lettura dei Pensieri di Pascal aveva già fiaccato il pensiero positivista del marito), e che per il presidente dell’associazione che porta anche il suo nome «è stata il punto di sintesi di ciò che Takashi Nagai aveva cercato instancabilmente nella sua vita».
Gabriele Di Comite ha poi chiesto ai presenti in sala, e a coloro che hanno seguito l’incontro da remoto, di «provare a immedesimarsi» su ciò che è stato l’impatto della bomba a Nagasaki in quel 9 agosto del 1945 (in quel momento Takashi si trova nel suo laboratorio di radiologia, come da prassi costruito in cemento armato, cosa che gli ha permesso di salvarsi). Solo guardando in faccia quell’inferno si può comprendere la potente testimonianza di vita che il medico offrirà in dote al Giappone e al mondo. «La bomba atomica ha distrutto tutta la parte nord di Nagasaki, il punto in cui in quella terra, a partire dal gesuita Francesco Saverio, è nato il cristianesimo, il luogo in cui è stato irrorato con il sangue dei martiri, e quello in cui è stato preservato per trecento anni dai “Cristiani nascosti”». Continua Di Comite: «Non c’era più nulla, neanche l’ombra, poichè non era rimasto in piedi nessun oggetto che potesse proiettarne una. Sono morte all’istante sessantamila persone, la pioggia radioattiva ne ha uccise altre sessantamila nell’arco di un mese; i sopravvissuti, oltre ad aver perso tutto e tutti (Takashi ha trovato i resti delle ossa carbonizzate di sua moglie vicino ad un rosario sciolto, là dove era la loro casa, ndr), sono rimasti deturpati nella carne, mentre i documenti successivi hanno raccontato che, con il caldo di quell’agosto, la distesa di corpi morti era subito arrivata a putrefazione, emanando un odore insopportabile. Uno scenario dove sembrava impossibile che potesse rinascere la vita». È solo in questo contesto, dunque, che può comprendersi la grandezza di Takashi Nagai, che in condizioni (apparentemente) disumane, non solo comprende a pieno la sua umanità, ma «sviluppa uno sguardo di speranza e di gioia così contagioso da mettere in movimento un popolo intero».
La ricostruzione della città di Nagasaki è nata infatti dal Nyokodō, la piccola capanna di legno di quattro metri quadrati che Takashi Nagai ha voluto abitare nel cuore del quartiere di Nagasaki ormai ridotto in cenere. Una dimora che dà il titolo alla sua ultima opera, Pensieri dal Nyokodō, per la prima volta tradotta dal giapponese e impreziosita dalla prefazione del cardinale Angelo Scola.
È in quella dimora che il medico trascorre gli ultimi tre anni di vita, immobilizzato a letto dalla leucemia ma in una corsa inarrestabile alla scoperta di sé e del significato della vita e della morte.
«Dopo la morte della sua sposa, camminando in profonda povertà di spirito, Takashi ha sperimentato nel deserto atomico la tenerezza della Tua amicizia e, testimone della grazia e del centuplo, ha rigenerato nel suo popolo il gusto della vita e il coraggio per ricostruire». È, questo, un passaggio delle splendida preghiera a cui l’arcivescovo di Nagasaki ha concesso l’imprimatur canonico lo scorso 9 novembre, scritta per invocare l’intercessione e la canonizzazione dei coniugi Takashi Paolo e Midori Nagai e letta alla fine della serata milanese di Largo Corsia dei Servi. Ancora oggi, a Nagasaki, è possibile passeggiare sotto alcuni dei mille ciliegi da lui piantati per far rifiorire la sua terra devastata.
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