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Fare il vero presepe non è un gioco da ragazzi
NEWS 8 Novembre 2021    di Redazione

Fare il vero presepe non è un gioco da ragazzi

Con le illustrazioni di Marina Lonati Colombo e i testi di Luisella Scrosati ecco “Il vero presepe. Tutte le statuine raccontate una per una”, pag. 132, € 24,00. Tutti i segreti per affrontare l’impresa con l’unico atteggiamento possibile. Acquista ora la tua copia, clicca qui.

Sul Timone di novembre l’intervista a padre Juan Solana sul senso del presepe, di seguito un’anticipazione:

di Raffaella Frullone

«Il presepe a casa mia era il centro dell’anno, mia mamma aveva delle statuine antiche molto preziose ereditate dalla bisnonna o forse dalla trisnonna, non lo so, erano bellissime. Per preparare il presepe mia mamma ci metteva più di un mese». Padre Juan Solana è il direttore del Magdala Center, meta di pellegrinaggi sulla sponda settentrionale del lago di Tiberiade. Messicano, sacerdote dei Legionari di Cristo, ha vissuto negli Stati Uniti prima, in Italia dopo, per approdare a Gerusalemme dove dirige anche il Notre Dame Center, il più grande hotel e casa di pellegrini del Vaticano in Terra Santa. Lì lo abbiamo raggiunto, al telefono, per chiedergli del suo rapporto col presepe. Innanzitutto da bambino…

«Mia mamma lo faceva nel cortile, veramente era una cosa grandiosa. Ci metteva tempo, molto tempo, dedizione, riflessione, meditazione, preghiera, quindi per noi il presepe, ovviamente insieme al Natale, era un’esperienza molto profonda. Mi ricordo questa scena, di mia mamma seduta davanti allo spazio dedicato al presepe nel cortile, era uno spazio gigantesco, non esagero, parliamo di circa 80 metri quadrati, si sedeva lì e cominciava a pensare a come farlo. Poi tirava fuori tutti gli scatoloni, e poi le statuine, una per una, le puliva, le controllava minuziosamente, le riparava se necessario. Prima di posizionarle creava la scena, seminava, faceva dei piccoli prati per i pascoli, creava ruscelli, montagnole e pregava. E quando aveva chiara l’idea di come lo avrebbe realizzato, cominciava a mettere le statuine. Non vi dico la festa quando arrivava una statuina nuova!».

Poi dal Messico sei passato negli Stati Uniti, prima di arrivare in Italia…

«Quando sono entrato in seminario, e poi ci sono stato anche come formatore per 25 anni, ho ritrovato questa attenzione per il presepe, nei nostri seminari era un evento molto sentito. Ci mettevamo entusiasmo, lavoro, idee. Quindi posso dire che oltre alla mia famiglia naturale, anche quella religiosa, i Legionari di Cristo, hanno vissuto in modo molto intenso la preparazione del presepe. Poi ho vissuto in Italia, e per quattro anni sono stato tra Roma e Napoli e ho conosciuto la tradizione del presepe napoletano, gli artigiani, le confraternite, una grande ricchezza».

Qualche anno dopo il Signore ti ha voluto in Terra Santa, cosa hai provato quando sei stato per la prima volta nella grotta della natività?

«Sono arrivato a Gerusalemme nel novembre del 2004 e di proposito non sono andato a Betlemme, anche se avrei potuto, ma ho voluto aspettare la notte di Natale. Ho celebrato la Messa alla Grotta ed è stata per me una grande gioia. Molte volte mi hanno chiesto che cosa faccio in Terra Santa e io uso rispondere che accompagno i pellegrini a visitare i misteri di Dio, non luoghi, non pietre, non edifici, ma i misteri di Dio. Perché le pietre sono finite, i templi anche, ma i misteri di Dio no. Ho sempre sentito un richiamo fortissimo ad approfondire questi misteri e a portare le persone nella stessa profondità…». [l’intervista integrale è pubblicata sul Timone n. 211, acquistalo o abbonati]


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