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Il ddl Zan finisce nella «tagliola» e muore
NEWS 28 Ottobre 2021    di Giuliano Guzzo

Il ddl Zan finisce nella «tagliola» e muore

Il decesso è avvenuto ieri alle 13:41. Stiamo parlando del ddl Zan, la legge contro l’omolesbobitransfobia che ieri, al Senato, si è ufficialmente arenata con 154 voti favorevoli – e 131 contrari (e due astenuti) – alla cosiddetta «tagliola», ossia al salto dell’esame degli articoli ed emendamenti della norma, con conseguente blocco dell’iter della stessa, che politicamente ora molti considerano, appunto, morta. «Se passa questo voto», aveva del resto detto ieri, durante il dibattito, il senatore Pd Luigi Zanda, «il ddl Zan in questa legislatura non vedrà mai la luce».

Sarà per questo che la reazione del primo firmatario del provvedimento, ossia il deputato Zan, è arrivata dopo neanche mezz’ora dal suo affossamento. Ed è stata molto dura. «Chi per mesi, dopo l’approvazione alla Camera», ha scritto l’onorevole sui social, «ha seguito le sirene sovraniste che volevano affossare il ddl Zan è il responsabile del voto di oggi al Senato. È stato tradito un patto politico che voleva far fare al Paese un passo di civiltà. Le responsabilità sono chiare». Duro anche il commento della senatrice Monica Cirinnà: «Da oggi sappiamo chi è contro i diritti».

In realtà, chi ha seguito il dibattito di ieri mattina al Senato sa che il voto in favore della «tagliola» era nell’aria, con il Pd che giorni fa prima – per bocca dello stesso segretario Enrico Letta -, aveva aperto a modifiche al ddl Zan, salvo poi lasciare che di fatto la mano tesa si chiudesse anzitempo, facendo naufragare ogni spiraglio di mediazione. Sì è insomma cercato il muro contro muro e, grazie anche al ruolo assunto negli ultimi tempi da Italia Viva, il partito di Matteo Renzi – dettosi favorevole a rivedere il testo del ddl Zan -, la legge arcobaleno si è arenata.

Di «scellerata strategia del Pd che ha sempre rifiutato di discutere» ha parlato, commentando l’esito del Senato, la femminista Marina Terragni che, come noto, ha sempre avversato il ddl Zan, suggerendo al centrosinistra di rimodulare il testo espungendo da esso le forzature in particolare sull’identità di genere. Suggerimenti non raccolti ed ora il tempo pare proprio scaduto, con più osservatori che indicano il responsabile di questo fallimento strategico il già citato segretario dem Letta.

Questa è anzitutto, per esempio, la linea di Italia Viva, il cui vicepresidente in Senato Giuseppe Luigi Cucca, ha apertamente puntato il dito contro «il Pd e il M5S che, pur di non accettare una mediazione, hanno affossato il Ddl Zan. Un atteggiamento arrogante sulla pelle dei più fragili della società. Italia Viva si è comportata con lealtà, ma da subito avevamo avvisato del rischio di defezioni fra le fila dei grillini e dei dem».

Se nel centrosinistra tira quindi aria di regolamento di conti, il clima è ora ben diverso nel centrodestra che, dopo il magro risultato delle elezioni amministrative, ha ottenuto ieri un risultato di notevole peso. Ancora nel primo pomeriggio di ieri, il senatore della Lega Simone Pillon ha fatto un video sui Facebook per esprimere la sua soddisfazione: «Di questo ddl non si sentirà parlare per un bel po’. A norma di regolamento per sei mesi non può più essere riproposta una norma simile. Tutto questo dà un bel sollievo. Fermo restando l’impegno di combattere ogni discriminazione, restiamo infatti convinti che il ddl Zan sia – anzi fosse, ne possiamo ormai parlare al passato – una legge sbagliata». Il leader del Carroccio, Matteo Salvini, ha invece visto nell’esito di ieri una «punizione dell’arroganza di Letta».

Grande soddisfazione anche in casa Fratelli d’Italia, con Giorgia Meloni che ha così commentato: «Cala il sipario sul ddl Zan, una pessima proposta di legge che Fratelli d’Italia ha contrastato con coerenza e nel merito fin dall’inizio». «È una vittoria che non appartiene solo a noi», ha aggiunto sempre la Meloni, «ma anche a tutte le realtà, le associazioni, le famiglie e i cittadini che in questi mesi si sono battuti ad ogni livello per denunciare follie, contraddizioni e aspetti negativi di una follia firmata Pd-Cinquestelle di cui l’Italia non aveva alcun bisogno».

Anche Forza Italia, che pure ha una componente più liberal sui temi etici, ha accolto con favore l’esito del voto del Senato, come provano per esempio le parole di Maurizio Gasparri: «Bocciata la legge Zan Noi vogliamo combattere ancor di più le violenze e le discriminazioni ma non crediamo sia giusto seminare confusione con norme estranee a obiettivi da tutti condivisi. Enrico Letta impari che chi troppo vuole nulla stringe… ».

Ora, stando così le cose appare dunque quanto mai remota l’ipotesi che il provvedimento tanto caro al movimento Lgbt e al centrosinistra possa a breve tornare in pista; di certo è quanto mai improbabile che accada, come detto del senatore Zanda, in questa legislatura; motivo per cui, se non la guerra, quanto meno una lunga battaglia – politica e non solo, visto il dispendio di energie pro ddl di influencer e cantanti – può ora dichiararsi vinta. E il fatto che ciò sia avvenuto, dopo un anno e mezzo di acceso dibattito, giusto poche ore dopo la diffusione di una lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede, che ha ribadito in no della Chiesa alla legge sull’omotrasfobia e in generale alle leggi arcobaleno, dà al tutto un sapore particolare.

Va però compreso che, se questa è stata una battaglia, la guerra però continua. Non a caso «di soddisfazione enorme e di battaglia di libertà» ha parlato ieri Massimo Gandolfini, leader del Family Day, commentando un voto del Senato «trasversale – con il centrodestra unito ma anche con senatori di altre sigle –, salvo poi sottolineare: «Ora però ci attendono l’eutanasia, la legalizzazione della cannabis e altre importanti sfide che però tutti uniti possiamo vincere».

Già, l’unità. C’è da augurarsi che il 27 ottobre 2021 possa costituire un nuovo inizio, non solo politico naturalmente, per i cattolici. Dopo anni in cui i temi etici sono da taluni stati bocciati come troppo divisivi, il naufragio del ddl Zan potrebbe costituire in effetti un punto di partenza. Perché, come già detto, si è trattato solo di una battaglia vinta; ma ne restano moltissime altre, in questa lunga partita antropologica.


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