Si è conclusa la scorsa settimana l’inchiesta diocesana sulla vita di Cyprien e Daphrose Rugumba. Se canonizzati, i due diventeranno i primi santi ruandesi. La coppia è conosciuta per i loro sforzi umanitari e il loro lavoro con la Comunità Emmanuel, che sta promuovendo la loro storia.
Cyprien ha studiato in un seminario cattolico da giovane. Tuttavia, è rimasto scandalizzato da alcuni comportamenti dei seminaristi lì e scoraggiato dall’incontro con filosofi anticattolici. Lasciò il seminario e si allontanò dalla fede cattolica, iniziando una carriera di successo lavorando per il governo ruandese per preservare l’arte tradizionale. Divenne famoso come autore, poeta, compositore, coreografo e per aver mostrato la vasta ricchezza dell’arte ruandese. Fino ad oggi le sue canzoni sono ancora ben note e profondamente radicate nell’eredità del Ruanda. Cyprien era fidanzato con Xaverina Mukahigiro, che venne tragicamente uccisa insieme a diversi membri della sua famiglia nel 1963,. Per onorare il fidanzamento, Cyprien chiese la mano alla cugina di Xaverina, Daphrose Mukansanga.
Per quasi 20 anni, Cyprien e Daphrose hanno avuto un matrimonio difficile. Daphrose era una cattolica devota con una profonda devozione alla preghiera e alle opere di beneficenza. Cyprien, invece, nutriva un radicale disprezzo e ateismo nei confronti della fede cristiana di sua moglie. Ciò causò enormi sofferenze a Daphrose, ma nonostante le azioni del marito credette fortemente nella santità del matrimonio e rimase fedele alla sua fede cristiana. Con il consenso di Cyprien, portava a Messa i suoi dieci figli, pregando pazientemente e incessantemente per la conversione del marito
Nel 1982, Cyprien si ammalò gravemente di una malattia che i medici non erano in grado neanche di diagnosticare. Durante la sua malattia, Cyprien iniziò a scrivere una canzone sulla sua morte, e in quegli istanti il suo cuore fu inondato dallo Spirito Santo e credette nell’esistenza di Dio e che Dio lo stava aspettando. Cyprien ha immediatamente capito che questa esperienza era avvenuta grazie alle fedeli preghiere di Daphrose. Guarì dalla sua malattia e si impegnò per una vita rinnovata in Cristo, diventando un marito devoto.
Nel 1989, la coppia ha incontrato la Comunità Emmanuel, un’organizzazione cattolica internazionale radicata nell’adorazione, nella carità e nell’evangelizzazione. Hanno fondato un capitolo della Comunità Emmanuel in Ruanda nel 1990, che è oggi il secondo capitolo dell’organizzazione in tutto il mondo. Vivendo le loro vite profondamente radicate nelle grazie della Comunità Emmanuel attraverso l’Adorazione, la Compassione e l’Evangelizzazione, Cyprien e Daphrose si sono donati pienamente alla missione di far crescere questa comunità. Ed è proprio grazie alla loro passione e dedizione che la comunità è cresciuta così rapidamente in Rwanda, anche in mezzo a un clima politico teso.
Proprio con l’aumentare delle tensioni etniche tra la maggioranza hutu e la minoranza tutsi in Ruanda, all’inizio degli anni ’90, Cyprien si espresse contro i crescenti episodi di violenza, sottolineando la necessità dell’unità in Cristo, dicendo: «Abbiamo un solo partito, quello di Gesù».
Il 7 aprile 1994, la situazione instabile in Ruanda è sfociata in un genocidio durato tre mesi, durante il quale sono stati uccisi circa 1 milione di tutsi. Le esplicite denunce di Cyprien hanno portato la sua famiglia ad essere inserita nella lista degli assassini. Cyprien e Daphne sono stati assassinati il 7 aprile – il primo giorno del genocidio – nella loro casa, insieme a sei dei loro figli. Avevano trascorso la notte precedente in adorazione eucaristica.
La causa di canonizzazione della coppia è stata aperta il 18 settembre 2015 da mons. Thaddée Ntihinyurwa , arcivescovo di Kigali. La prima tappa di tale processo, l’inchiesta diocesana, prevede la raccolta di documenti e testimonianze sulla vita e la morte della persona in questione. Una volta compilata l’apposita documentazione, questa viene inviata alla Congregazione delle Cause dei Santi in Vaticano, dove prosegue la causa di canonizzazione.
Le coppie di sposi che la Chiesa ha messo sugli altari non sono un “caso”, ma una prospettiva concreta per tanti laici cattolici per ricordare loro che c’è una via quotidiana, familiare, rivolta verso l’infinito.
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