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Davanti alla pandemia ognuno faccia la sua parte in trincea
NEWS 27 Settembre 2021    di Redazione

Davanti alla pandemia ognuno faccia la sua parte in trincea

Pubblichiamo di seguito uno stralcio dell’omelia pronunciata da monsignor Nazzareno Marconi, vescovo di Macerata, in occasione della festa del patrono della città, San Giuliano, lo scorso 31 agosto (fonte: Diocesi di Macerata).

di Nazzareno Marconi*

(…) La prima tentazione di un cuore “indolente” che secondo la parola di Dio dovremmo evitare, mi sembra quella di pretendere da Dio la soluzione di tutti i nostri problemi. Questa è la visione di una fede “di comodo”, con Dio e i santi al nostro servizio, chiamati ad affrontare al nostro posto i problemi, rispetto alla genesi dei quali non siamo peraltro del tutto innocenti.

Possiamo e magari dobbiamo chiedere la fine di questa pandemia, ma ciò richiede da parte nostra di superare l’indolenza e la mancanza di fede.

Prima di tutto l’indolente davanti ad un problema non si chiede: «Cosa potrei e dovrei fare in prima persona?», «in cosa dovrei cambiare e quali responsabilità e anche rischi dovrei assumermi per il bene comune?». L’indolente invece cerca colpevoli e complotti, per scaricare tutta sugli altri ogni responsabilità. Pretende soluzioni che non lo costringano a cambiare abitudini, o a fare sacrifici ragionevoli per ottenere buoni risultati.

La Bibbia invece parla di Alleanza tra Dio e l’umanità, in cui ciascuno dei due fa il bene che può, per raggiungere il benessere, la pace, la salute.

La prima cosa da fare è cercare la verità delle cose. Non la verità più comoda per noi, o quella che ci prende alla pancia quando siamo spaventati. Quando eravamo piccoli avevamo i giornali e la televisione. Voci autorevoli perché per poter scrivere su un giornale nazionale ed ancor più per parlare in televisione, un giornalista faceva una lunga ed esigente gavetta. Per questo non si sarebbe mai giocato la reputazione e il futuro dicendo cose non verificate, non accertate con veri competenti e di cui perciò non era ragionevolmente certo. Oggi le cose sono cambiate.

Quando ero giovane e vidi una pornostar diventare deputata, mi preoccupai seriamente: non perché era porno, ma perché sarebbe stata certamente incompetente nel giudicare le cose complesse di cui si occupa un Parlamento. Purtroppo, di anno in anno, ho visto molto di peggio. I danni di questa pandemia hanno radici lontane e nessuno è del tutto innocente, perché una società che non pretende più studio, sacrificio e competenza per raggiungere posti di responsabilità, nel breve tempo è comoda per tanti, che poi magari si lagnano degli effetti negativi di questo modo di fare.

Oggi tanti parlano in Tv, lo sto facendo anche io adesso. Moltissimi scrivono su Internet quello che pensano, ma pochi pensano davvero a quello che scrivono. Pochi si prendono la responsabilità seria di valutare ogni parola che dicono. Molti cercano il successo veloce, creato dall’emozione o da chi la spara più grossa.

Papa Francesco dice che ogni Cristiano deve chiedere a Dio prima di tutto il dono del discernimento: quella sapienza che è dono dello Spirito santo che fa riconoscere la verità anche quando è scomoda, quando è impegnativa, quando ci chiede di fare scelte che costano fatica e rischio personale, ma portano al bene di tutti.

Usate più la testa e la coscienza e meno lo stomaco, quando leggete i post su internet o seguite l’ennesimo dibattito urlato in Tv!

La seconda ricetta contro l’indolenza è: vedere con verità cosa possiamo concretamente fare. I competenti, che a me sembrano più avveduti, dicono che non avremo la fine veloce di questa pandemia, ma il virus diventerà endemico per un tempo piuttosto lungo. Cioè sarà presente, avrà dei picchi in varie zone del Paese, alternerà periodi di tregua e riprese locali di virulenza. Quella che ci attende non è una guerra lampo, con armi miracolose che risolvono tutto e subito. Ci attende ancora una guerra di trincea.

Una guerra dove contano più il controllo dei nervi che la forza dei muscoli. Abbiamo delle armi: dai vaccini a una migliore conoscenza delle cure e della prevenzione. Sappiamo meglio come radunarci, lavorare, studiare senza correre gravi rischi. In una guerra di trincea la prudenza è più importante del coraggio, ma non deve diventare paura, altrimenti perderemo tutto. Dobbiamo riprendere a vivere, lavorare, studiare, ma in modo nuovo, più cosciente e responsabile verso noi stessi e verso gli altri.

In una guerra di trincea, la solidarietà e la collaborazione a lungo termine sono più importanti dei gesti isolati e dell’eroismo individuale. Non si può restare in una buca attendendo che altri lottino per noi. (…)

*Vescovo di Macerata


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