Poco meno di 62 chilometri quadrati, poco meno di 34 mila abitanti, lo Stato più piccolo d’Europa, nel cuore del nostro Paese senza essere italiano, San Marino si avvia al referendum per la legalizzazione dell’aborto. Mancano soltanto cinque giorni al voto. Meno di 120 ore e poi gli aventi diritto saranno chiamati a rispondere al quesito: «Volete che sia consentito alla donna di interrompere volontariamente la gravidanza entro la 12a settimana di gestazione, e anche successivamente se vi sia il pericolo per la vita della donna o se vi siano anomalie e malformazioni del feto che comportino grave rischio per la salute fisica o psicologica della donna?»
In quell’ «e anche successivamente» c’è il non detto di questo ulteriore assalto alla vita, a San Marino si potrà dunque abortire anche dopo la dodicesima settimana, fino a quando? Non è specificato, volutamente, troppo duro sarebbe stato mettere nero su bianco che fino al nono mese la vita di un nascituro potrà essere soppressa.
Umanamente l’esito è scontato, perché mai in quella che di fatto è una città italiana ci dovrebbe essere un sentire diverso rispetto al resto del Paese su un tema, come l’aborto, sul quale l’appiattimento è praticamente totale? Eppure c’è una notizia, la notizia di una resistenza che ostinatamente non si arrende all’annientamento della vita e lotterà fino a domenica come ha fatto negli ultimi mesi, si tratta del Comitato Uno di Noi che dà corpo ad un dissenso che nessuno vuole vedere, meno che meno raccontare. Ma non si tratta soltanto di una questione politica, non si tratta solo dell’esito di un voto.
L’orizzonte è molto più ampia come mostra il documento divulgato da un gruppo di insegnanti di San Marino: «L’amore per la vita è l’origine e l’obiettivo di ogni nostra azione in qualità di educatori. Concepiamo il nostro compito come un lavoro “ostetrico”: aiutiamo i bambini e i ragazzi a “nascere” continuamente, ad avere fiducia nelle proprie capacità di comprendere il mondo che li circonda. Siamo mossi cioè dal desiderio che ogni progetto pedagogico, ogni pensiero, ogni istante vissuto con gli alunni o in vista di essi sia orientato alla realizzazione della loro umanità. Educare è infatti condurre per mano i ragazzi alla scoperta di se stessi, della realtà naturale e culturale che continuamente li interroga. Sappiamo inoltre che gli alunni guardano inizialmente il mondo attraverso il nostro sguardo e quindi siamo consapevoli dell’estrema onestà intellettuale con cui dobbiamo trattare ogni questione, affinché ciascuno maturi autonomamente una propria visione delle cose e non si senta tenuto ad accettare valori che vanno contro la sua esperienza o coscienza.
Affinché tutto ciò sia possibile crediamo però che alcuni fondamenti universali debbano essere posti alla base di ogni forma di educazione, al di là delle appartenenze culturali o religiose. Il primo è quello dell’ “intelligibilità del reale”, ovvero il principio per cui il mondo che ci circonda non è un groviglio inestricabile di elementi, la storia non è un succedersi insensato e casuale di eventi, pertanto l’uomo può intervenirvi in modo razionale.
L’altro principio è che la vita umana è inviolabile. Ciascuno di noi è irripetibile e portatore di un valore unico; nessuna forma di violenza, nessuna discriminazione è ammissibile, soprattutto in relazione al diritto fondamentale alla vita e alla conservazione della propria integrità fisica. La libertà personale è sempre subordinata al rispetto della vita umana, di sé e degli altri. Tale rispetto deve precedere qualunque forma di autodeterminazione, ogni forma di libertà non può espandersi al punto da soffocare altre vite umane. Talvolta si scopre che la liceità delle azioni è relativa, talaltra che certi comportamenti sono sempre e comunque da rigettare. Tra questi c’è l’omicidio. E l’aborto volontario è un omicidio. Nessuno infatti è in grado di smentire che la vita umana inizi sin dal concepimento, qualunque norma che sancisca l’inizio della vita a questo o quel momento della gravidanza è scientificamente opinabile. Ogni essere umano dal momento in cui è concepito inizia il proprio viaggio nel mondo e, se non viene ostacolato, nasce e cresce. Non è dunque giusto che qualcuno possa disporre del diritto di ucciderlo, neppure la madre?»
La battaglia, a San Marino come altrove, non sarà vinta solo se il referendum non dovesse passare, sarà vinta fino a quando ci sarà chi si alzerà in piedi, chi ci metterà la faccia e farà sentire pubblicamente la propria voce proclamando l’inviolabilità di ogni vita umana, anche se piccola, anche invisibile. Questo risveglio delle coscienze è il primo, indispensabile passo. Ed è alla portata di ciascuno di noi.
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