Violente polemiche sono scoppiate, in Francia, per la messa in onda di “Unplanned” sul canale C8, lunedì 16 agosto, in prima serata. Diverse segnalazioni sono state registrate, infatti, presso il Consiglio Superiore dell’Audiovisivo (CSA). Ma già prima della programmazione del film, le reazioni erano state numerose: il ministro per le pari opportunità, Élisabeth Morano, aveva definito la pellicola “un abietto strumento di propaganda anti-abortista” e “una menzogna che va contro i nostri valori”. A ruota era seguita la reazione del ministro Marlène Schiappa che aveva twittato: “L’accesso all’aborto è un diritto in Francia, i nostri anziani hanno combattuto per ottenerlo, noi stiamo combattendo per garantirlo! No agli impedimenti, no ai sensi di colpa”.
Eppure, nonostante abbia generato reazioni controverse, il film ha riscosso un grande successo nelle sale cinematografiche statunitensi: ben 6 milioni di dollari di entrate registrate in un solo fine settimana e 21 milioni di dollari al botteghino, tutto questo, nonostante la particolarità dell’argomento.
Un argomento “tabu”, come l’ha definito l’arcivescovo di Parigi, monsignor Michel Aupetit, dopo aver visto “Unplanned” nel settembre 2020, definendolo “coraggioso”, perché “ha il merito di trattare un argomento che oggi è tabù e di farlo sulla base di un fatto reale”. Così come coraggioso è, al giorno d’oggi, scegliere di proiettare pellicole come questa, se pensiamo che, in Canada, la polizia locale ha dovuto indagare, come riportato dal sito Life News, su alcune minacce di morte arrivate a due proprietari di sale cinematografiche indipendenti, che lo hanno inserito nella programmazione dei propri cinema.
Il perché di tanto clamore non è difficile da capire: vedere è il primo passo per comprendere e questo vale sia per la proiezione del film che con immagini, a volte anche forti, racconta e penetra nel profondo il dramma sull’aborto, sia per la protagonista della vicenda, che, nella sua vita, ha potuto comprendere davvero la menzogna abortista, guardando con i propri occhi ciò che accadeva nel ventre della donna sottoposta all’interruzione di gravidanza.
Spesso le immagini scuotono più delle parole, perché sono una sferzata di realismo, soprattutto laddove, come in questo caso, i ragionamenti non rendono tutta la crudezza della pura e semplice realtà e parliamo di una crudezza, non percepita, ma oggettiva, contro la quale a poco valgono i sofismi sull’aborto come “conquista di libertà”: ragionamenti vuoti, la cui apparente ed illusoria forza, crolla inesorabilmente di fronte a ciò che semplicemente è. E cioè, il dato reale, che in tutta la sua prorompente evidenza fa irruzione, sia nella vita di Abby Johnson che assiste in diretta al tentativo disperato di fuga del piccolo essere umano che nel grembo materno viene risucchiato dopo pochi minuti dalla sonda, durante l’aborto, sia nella vita e nella mente dello spettatore che, grazie alla forza delle immagini, viene scaraventato fuori da ogni terreno ideologico e posto davanti alla realtà nuda e cruda.
La forza del film e dunque la sua “pericolosità” probabilmente è tutta qui, quella di semplicemente “mostrare” cosa l’aborto sia davvero: non una conquista, né tantomeno un diritto, ma la lacerazione di un legame che ha un fondamento naturale viscerale, quello tra madre e figlio. Come infatti ha dichiarato la stessa Abby Johnson, l’ex dipendente di Planned parenthood sulla cui storia vera si basa il film, l’aborto è “l’uccisione di una vita innocente nel grembo della propria madre, luogo in cui, grande paradosso, un bambino dovrebbe maggiormente essere custodito”. Il film, dunque, riapre un dibattito che sembrava ormai chiuso o quantomeno i cui esiti sembrano ormai dati per scontati. Non c’è da meravigliarsi, dunque, se anche nella laicissima Francia, dove il film pare sia stato visto da 300.000 persone, “Unplanned” susciti tanto clamore, anzi, dovremmo meravigliarci del contrario. L’ideologia (e non fa eccezione quella abortista) è tale perché nega e stravolge la realtà, dunque non c’è niente di più pericoloso di porre lo spettatore di fronte al dato reale e portarlo a farsi delle domande.
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