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Stilla come rugiada dal Kuwait #14 – Pastori e pecore
NEWS 18 Luglio 2021    di don Francesco Capolupo

Stilla come rugiada dal Kuwait #14 – Pastori e pecore

XVI Domenica del Tempo Ordinario 18/07/2021

Commento al Vangelo Mc 6, 30-34

“Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose”.

La pericope finale del Vangelo di oggi racchiude molto di più di un dispiacere e della commozione di Gesù di fronte a quella situazione. Nelle ultime parole del Vangelo, riecheggia tutta la tradizione vetero-testamentaria del tradimento dei responsabili. Il profeta Geremia lo grida a chiare lettere ai capi di Israele: “Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio popolo”. E aggiunge in modo ancor più diretto: “Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati”. L’accusa è grave. E certamente riguarda anzitutto i “pastori”, ma non va dimenticato che in certo modo ogni credente è pastore del fratello.

La responsabilità del pastore. Direi che questo brano indica ai pastori i fondamenti del mandato e lo fa attraverso un percorso, a ritroso, che segue tappe e punti precisi, messi in fila in questi versetti.

Potremmo leggere questa pagina di Vangelo come un programma formativo (tanto per usare dei termini cari al linguaggio moderno) del discernimento del pastore.Innanzitutto il Signore chiama alcuni uomini e li invia ad annunciare il Vangelo; il brano ci presenta, infatti, “la prima missione” costituita da Gesù. Ma il Signore non si limita solo ad inviare, non si presta ad una manovra sociologica molto in voga, oggi, in certi tipi di formazione: vai e sii te stesso, come puoi, come sei, come fai, programma, organizza, etc., una sorta di volontarismo ecclesiologico che, di fatto, abbandona a se stesa la persona in un indeterminato metodo personalistico. Gesù invia persone precise, chiamate per nome, a cui affida un compito e ne chiede conto, non per un esito funzionale ma perché quello che fanno li renda felici, la responsabilità appunto. Una persona è libera e felice quando ha coscienza della sua responsabilità, cioè, come indica l’etimologia, deve rispondere di quello che fa, deve mettere del suo all’interno di un disegno più grande a cui deve far riferimento, infatti l’evangelista annota: “In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato.”

Loro fanno, loro insegnano ma non sono lanciati allo sbaraglio, non sono de-responsabilizzati (metodologia piuttosto subdola, perché se le cose non vanno, nessuno risponde) si assumono un onere che sussiste all’interno di un rapporto più grande che dà sicurezza e riposo; Gesù infatti risponde: “Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’».

Voi soli. Se il pastore non si sente amato singolarmente, personalmente, non potrà mai fare esperienza della sua Responsabilità: di cosa dovrà rispondere, se non si sente chiamato? Se non si sente al centro di una “preferenza”?

Quanto sono importanti il discernimento, la formazione, la vita assieme, la piena serenità interiore di un pastore. Il pastore non è un burocrate, non mette timbri e, di contro, non è una monade isolata che vive per essere “spremuto” dagli impegni o dall’attivismo. Il pastore è un uomo saggio, che ha a cuore il bene del popolo affidatogli, sapendo che ne è il servitore e, allo stesso tempo, riconoscendo di essere amato perché c’è, perché è donato a quel popolo, lui come tale.

“Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.”

Il gregge ha bisogno del pastore, è inevitabile. La grave carenza di scribi e farisei consiste proprio nell’aver cancellato questa responsabilità; non si sentono più parte di un disegno in cui sono chiamati a cooperare ma gestori di un potere, in cui il popolo ne è diventato l’oggetto da gestire.

Ma il popolo soffre; soffre la fame e la sete di Verità, di perdono, di accoglienza, di ascolto, di giustizia, di correzione e cerca il luogo dove possa trovare risposta (vedete? Responsabilità, rispondere come indica l’etimologia a cui accennavo): “Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero”.

“Caro padre, quante volte ringrazio Dio anche solo per la vostra presenza, in questa terra, in questo tempo, che aridità la vita senza un pastore, che dolore provoca!” mi ripete spesso una signora, alla fine della celebrazione. E sempre mi viene in mente una citazione di Santa Faustina: “Se solo avessi avuto un direttore spirituale fin dall’inizio, non avrei sprecato tante grazie di Dio”. Mi viene in mente per me innanzitutto, perché un buon padre deve essere anche un buon figlio.


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