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Fermati i presunti aggressori del vescovo italiano ferito in Sud Sudan
NEWS 28 Aprile 2021    di Redazione

Fermati i presunti aggressori del vescovo italiano ferito in Sud Sudan

Padre Christian Carlassare, vescovo italiano della diocesi di Rumbek, in Sud Sudan, è stato ferito in un agguato con colpi d’arma da fuoco. Poco dopo la mezzanotte del 26 aprile, due uomini armati sono entrati nella casa di padre Carlassare, vicino alla Cattedrale della Sacra Famiglia nella città sud-sudanese di Rumbek, sparando un totale di 13 proiettili diretti alle gambe del prete.

Carlassare, 43 anni, è un membro italiano dell’ordine religioso dei Missionari Comboniani e missionario di lunga data in Sud Sudan. È stato nominato vescovo lo scorso 8 marzo da papa Francesco e la sua ordinazione è prevista per il prossimo 23 maggio. Carlassare è stato colpito a entrambe le gambe ed è stato trasportato in aereo da Rumbek, una città di meno di 35.000 abitanti, a un ospedale di Nairobi, in Kenya, a quasi 900 miglia di distanza. Ci si aspetta che si riprenda completamente.

L’AGGUATO E GLI ARRESTI

Dodici persone sono state arrestate con l’accusa di essere coinvolte nell’agguato. «Tre di loro, tra cui spicca il nome del coordinatore diocesano John Mathiang, sono preti della Diocesi di Rumbek, mentre gli altri sono laici con diverse responsabilità a livello della Chiesa locale», riferisce il portale dei missionari, di cui fa parte lo stesso padre Carlassare. La polizia ha identificato i sospetti dopo che uno degli uomini armati ha lasciato cadere il suo cellulare e dai tabulati sarebbe così stato possibile per le autorità, che investigavano sulla vicenda, risalire ai responsabili. Gli investigatori sono stati sollecitati dal governo del Sud Sudan a risolvere il crimine il più rapidamente possibile, prima della possibilità di ritorsioni. Gli arresti seguono infatti a una richiesta diretta del presidente del Sud Sudan, Salva Kiir, di «svolgere un’indagine rapida» sull’incidente.

In una dichiarazione del 26 aprile, Kiir ha detto di aver «appreso con sgomento lo sfortunato incidente che ha coinvolto il reverendo Christian Carlassare, vescovo eletto della diocesi di Rumbek, che è stato colpito ieri sera da uomini armati non identificati. Il riprovevole atto di violenza perpetrato su di lui è inaccettabile e deve finire. Invito tutti i sud-sudanesi a condannare i criminali che hanno commesso questo crimine atroce nel modo più deciso possibile. Se coloro che hanno compiuto questo atto vergognoso lo hanno fatto per intimidire la Chiesa, si sbagliano tristemente. Il fedele vescovo cattolico eletto Christian Carlassare è stato scelto come guida e le autorità dello Stato saranno al suo fianco e non permetteranno che l’azione di pochi criminali influenzi i piani dell’autorità ecclesiastica».

GUERRA TRA FAIDE IN CUI E’ COINVOLTA LA CHIESA

La diocesi di Rumbek è priva di un vescovo da 10 anni, dalla morte nel 2011 di monsignor Cesare Mazzalori, anche lui missionario comboniano italiano. La diocesi è stata centro di scontri tra le tribù avversarie Dinka e Nuer. I sacerdoti della diocesi hanno già affrontato in passato violenze legate a questi scontri. La Chiesa cattolica si è sempre spesa per promuovere la pace tra le due tribù rivali. Nell’aprile 2019 Papa Francesco ha esortato il presidente del Paese, Salva Kiir e il leader dell’opposizione Riek Machar, a lavorare per la pace. Fonti ecclesiali ritengono che la sparatoria di lunedì sia probabilmente collegata al ruolo della Chiesa nel processo di pace in corso in Sud Sudan.

IL MESSAGGIO DI PERDONO

In un video del 27 aprile pubblicato sui social media, p. Carlassare ha inviato un messaggio dal suo letto d’ospedale alla gente di Rumbek. Il testo del suo messaggio è il seguente:

Colgo l’occasione per salutare tutti voi, miei fratelli e sorelle a Rumbek.
Voglio che voi siate in pace, che sappiate che sto bene, qui in un ospedale di Nairobi. Si prendono cura di me e sto migliorando. Ci vorrà del tempo prima che le mie gambe riescano a camminare di nuovo ma vi assicuro che tornerò e starò con voi. Per favore, uniamoci nella preghiera, uniamoci con tutto il nostro cuore, per offrire perdono nella nostra comunità e poter cercare la giustizia con lo stesso cuore di Dio. È un cuore misericordioso, può insegnare la pace e può insegnare la misericordia, a tutte le persone perché questi valori sono presenti nel profondo di ciascuno di noi.
Anche se sono lontano da voi, mi sento unito con la nostra comunità. Per favore, anche voi unitevi a me, in questo processo di riconciliazione.


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