Pubblichiamo uno stralcio dell’omelia del Patriarca Francesco Moraglia pronunciata ieri, 25 aprile 2021, nella Basilica patriarcale di San Marco in Venezia in occasione della solennità del patrono San Marco Evangelista (fonte: Patriarcato di Venezia)
di Francesco Moraglia*
«[…] L’evangelista, nostro patrono, dice a noi – uomini e donne del XXI secolo, in particolare di questo territorio veneziano e veneto – che Gesù non è un personaggio del passato né una figura mitica, ma è il Vivente, l’unico Signore. Marco ci ricorda che le promesse di Dio non vengono meno, anche se non rispettano i tempi degli uomini, anche se non seguono le logiche degli uomini, ma le promesse di Dio si realizzano proprio nel Risorto (cfr. At 13,32-33); ci richiama, infine, al fatto che il Vangelo non è prima di tutto un libro che si legge ma è lo stesso Gesù Cristo vivo che va testimoniato sempre e in ogni ambito, senza timori, senza incertezze, con umiltà e con gioia.
Tutto ciò comporta per la Chiesa conseguenze che la rendono “altra”, anche in modo radicale rispetto all’ambiente umano che ama, e proprio perché la Chiesa ama vuole donare la sua ricchezza, che è fatta di quattro lettere: Gesù! La Chiesa non ha altre ricchezze se non Gesù, che è il Risorto, il Vangelo.
Il Vangelo è una fonte perenne di vita nuova che supera le ideologie e le convinzioni personali come anche ogni tipo di rassegnazione. Sa andare oltre il pessimismo e il fatalismo degli uomini come oltre ogni facile ottimismo che, in modo erroneo, si affida ad una illusoria bontà naturale, confondendo la libertà con l’esternazione delle proprie fragilità o egoismi. E tutto ciò coinvolge ognuno di noi, a partire dal battesimo che ci immerge nel mistero pasquale, nella vita del Crocifisso risorto e ci rende capaci di continua e reale rigenerazione (cfr. Paolo VI, Lettera enciclica Ecclesiam suam, nn. 61-62).
Del tutto pertinenti, quindi, risultano le parole di Tertulliano: “Cristo ha affermato d’essere la verità, non la consuetudine” (La Velazione delle vergini 1,1). Consuetudine vuol dire “moda”, vuol dire “il politicamente corretto”, vuol dire cedere al fatto che “ormai tutti fanno così”.
San Marco ha vissuto per primo tutto ciò, fino alla testimonianza somma di un martirio prolungato e crudele come avviene, oggi, per molti cristiani nel nostro tempo: si stima, infatti, che in tutto il mondo siano intorno a 200 milioni i cristiani di ogni confessione, non solo cattolici, perseguitati e in molte (troppe) parti – dall’Africa all’Asia – le condizioni di sicurezza e libertà religiosa tendono tragicamente a peggiorare tanto che, ancora oggi, come nei primi tempi, vi sono luoghi in cui i discepoli del Signore sanno di andare la domenica a Messa rischiando di non tornare a casa. Eppure danno questa testimonianza.
La fede di questi nostri fratelli e sorelle che condividono con noi il battesimo, che confessano la loro appartenenza a Cristo, fino al martirio, testimonia la forza e l’energia che la “buona notizia” – di cui san Marco si è fatto primo annunciatore – possiede. E dovrebbe scuotere le nostre tiepidezze e pigrizie nel voler “dire”, anche noi oggi, quelle quattro lettere, forse qualche volta scomode: Gesù. […]».
*Patriarca di Venezia
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