«Penso che la prima questione sia che chi si vuole accostare alla comunione esamini la propria coscienza e che, se è consapevole di un peccato grave, non dovrebbe comunicarsi».
Un’affermazione chiara e puntuale, questa pronunciata alla Cna dal vescovo di Springfield, in Illinois, Mons. Thomas Paprocki (foto a lato). E un’affermazione che s’inserisce nella cornice del dibattito – molto acceso soprattutto in relazione alla figura del neoeletto presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il quale si professa cattolico ma nel contempo sostiene pubblicamente e fattualmente l’aborto – rispetto alla tema di consentire la Santa Comunione a coloro che, politici ma anche altre figure pubbliche, sostengono posizioni in contrapposizione con quanto affermato dal Magistero della Chiesa.
Tuttavia, ha proseguito Paprocki, questo discorso vale per tutti i fedeli, alla luce del fatto che chiunque abbia commesso un peccato grave deve astenersi dal fare la comunione fino a quando non si è confessato. Eppure, oggi in molti agiscono senza riflettere, senza appunto fermarsi a esaminarsi dentro: «Penso», ha affermato ancora il prelato, «che sia qualcosa di cui ci siamo quasi dimenticati, e penso, per molte persone, che sia solo una sorta di automatico. Tutti si alzano e vanno alla comunione. È un po’ prevedibile, ma prima dovrebbe esserci l’esame di coscienza».
Intanto, mentre si è in attesa che i vescovi Usa decidano, nei prossimi mesi, se diramare una dichiarazione sul tema della “coerenza eucaristica”, Mons. Paprocki – che è anche un avvocato, sia civile, sia canonico – nell’intervista alla Cna ha ribadito che il diritto canonico già contempla il fatto che si possa, e si debba, negare la comunione a chi pubblicamente sostiene l’aborto, sia esso un politico o meno. «Non sto parlando di giudicare la loro anima», ha chiarito, «sto parlando delle loro azioni esterne. Se vivono in un modo o occupano posizioni contrarie all’insegnamento della Chiesa, il ministro della Comunione deve negare loro il sacramento». L’aborto per la Chiesa è un peccato grave, e chi lo difende e diffonde coopera al male.
Negare la Santa Comunione può dare scandalo, secondo alcuni? Per il vescovo di Springfield è vero l’esatto opposto: nel dare la comunione a tutti si fa passare un messaggio sbagliato rispetto al fatto che certi peccati gravi, forse non lo sono poi tanto, così come non tanto gravi appaiono le conseguenze che generano, a livello personale e sociale.
Constatazioni cui se ne può aggiungere un’ulteriore: venendo meno il richiamo ad accostarsi in maniera degna all’Eucarestia, si sbiadisce, nella coscienza dei fedeli, la certezza che quello che si sta ricevendo sono il Corpo e il Sangue di Cristo.
Paprocki non è il primo che prende posizione su questo tema, tanto delicato, quanto importante e divisivo, anche all’interno dello stesso clero.
Così come la questione non è cosa dell’oggi, bensì è un tema oggetto di discussione già da diversi anni. Già nel 2004, l’allora cardinale Joseph Ratzinger, aveva inviato allora arcivescovo di Washington Theodore McCarrick, poi divenuto tristemente noto, una Nota contenente i principi generali per essere degni di ricevere la Santa Comunione. «La pratica di presentarsi indiscriminatamente a ricevere la Santa Comunione, semplicemente come conseguenza dell’essere presente alla Messa, è un abuso che deve essere corretto», lamentava in quello scritto l’allora Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede; per poi ribadire che aborto ed eutanasia sono peccati gravi e che i pastori dovrebbero incontrare, istruire sull’insegnamento della Chiesa e informare rispetto alle conseguenze chi coopera pubblicamente al male e, concludeva, «qualora “queste misure preventive non avessero avuto il loro effetto o non fossero state possibili”, e la persona in questione, con persistenza ostinata, si presentasse comunque a ricevere la santa eucaristia, “il ministro della santa comunione deve rifiutare di distribuirla”».
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